La PA ha 10 campi da calcio di server

La PA ha 10 campi da calcio di server

Aumentano le tecnologie nella pubblica amministrazione e avanza il problema sicurezza. Lo sottolinea il CNIPA. La carta? Va ancora per la maggiore: ogni anno un milione di alberi lo apprendono, loro malgrado
Aumentano le tecnologie nella pubblica amministrazione e avanza il problema sicurezza. Lo sottolinea il CNIPA. La carta? Va ancora per la maggiore: ogni anno un milione di alberi lo apprendono, loro malgrado

Qualcuno potrà non essersene accorto ma negli ultimi anni la pubblica amministrazione italiana è divenuta più efficiente grazie all’introduzione e alla crescente diffusione delle tecnologie digitali e delle strategie dedicate di “trasformazione” di processi decisionali, procedure operative e cultura gestionale. Tutto bene, tutto bello? Quasi. Ieri nel suo Rapporto annuale sullo stato dell’informatizzazione della PA il CNIPA ha messo in guardia il paese: la sicurezza del sistema informatico va ancora garantita .

In tempi di attacchi DDoS capaci di mettere in ginocchio le infrastrutture di interi paesi, in periodi nei quali aumentano vistosamente le minacce ai sistemi informatici, il richiamo del CNIPA alla “security” si fa ancora più forte. Basti pensare che le infrastrutture digitali della PA poggiano su una enorme quantità di server di cui va garantita continuità operativa e la manutenzione. Sono 10 campi da calcio di macchine che, come evidenzia il presidente CNIPA Livio Zoffoli, “vanno messi in sicurezza”. E con loro naturalmente quell’infinità di macchine e network usati dalle varie amministrazioni centrali e locali.

Se i servizi della PA italiana sono per numero superiori alla media europea, nessuno si nasconde che siano ancora “disomogenei” per quanto riguarda qualità e completezza . Il che non è un caso, come ricorda Zoffoli – e come tante volte denunciato dagli esperti anche su Punto Informatico – perché troppo spesso dipartimenti e amministrazioni agiscono in modo autonomo per risolvere problematiche ed esigenze nell’immediato e al di fuori di una “visione prospettica”, come l’ha definita Zoffoli.

Il CNIPA avverte come del sistema informatico della PA non si può più fare a meno . E parliamo di qualcosa come 1.033 differenti CED, con 31 mainframe e 9.600 server applicativi, su uno spazio di 60.000 mq, con il presidio di 7.300 addetti e che costano 450 milioni di euro all’anno. E sono centri di calcolo gestiti spesso in modo diverso l’uno dall’altro sotto vari profili: da qui l’esigenza di omogeneità e l’accento sulla sicurezza. “Gli aspetti da considerare – sostiene Zoffoli – sono molteplici e vanno dalla razionalizzazione delle infrastrutture di calcolo, alla gestione sicura e consapevole dei dati, alla qualificazione del personale preposto, alla gestione operativa delle applicazioni, alla continuità di servizio e alla sua qualità, alla stabilità dei finanziamenti per le infrastrutture comuni”.

A remare contro è la claudicante copertura finanziaria , strappata di anno in anno dai bilanci pubblici e mai garantita fino in fondo, che pure è invece necessaria per parlare di continuità . I vantaggi d’altra parte non mancano, secondo il CNIPA, come dimostrerebbe il Sistema Pubblico di Connettività (SPC) “che – sottolinea Zoffoli – ha normalizzato l’architettura dei sistemi di telecomunicazione e tenuto sotto controllo i costi, con un risparmio di circa il 50% sui canoni per la sola connettività nel periodo di esercizio (dai 130 milioni del 2005 ai 65 del 2006). Il passaggio all’SPC, progettato in modo unitario, porta ad uno sviluppo più organico, ad una reale concorrenza fra i provider, alla realizzazione di sistemi di interoperabilità e cooperazione applicativa di assoluta avanguardia, alla disponibilità di servizi integrati (VoIP, videoconferenza, messaggistica, mobile) con rilevanti risparmi per le amministrazioni ed elevati standard di sicurezza”.

Il CNIPA denuncia un calo delle risorse erogate nell’IT della PA (scese nel 2006 a quota 2,137 miliardi di euro contro i 2,211 dell’anno precedente), sebbene questo non impedisca la crescita delle infrastrutture digitali, dei servizi ai cittadini in rete (+ 11 per cento in un anno) “con un totale di 260 milioni di transazioni online nel 2006”. I tagli in Finanziaria, peraltro, significano nel complesso minori investimenti e dunque un aumento del divario digitale tra ambito pubblico e ambito privato.

Tra i “nodi” del risparmio pubblico grazie al digitale vengono citati il cedolino elettronico , la posta elettronica certificata , ma anche l’ open source e il riuso del software , del quale si auspica una più rapida crescita.

L'uso dell'open source nella PA - grafico CNIPA

E la firma digitale , ancorché diffusa, rimane vittima di “resistenze e conservatorismi nei comportamenti quotidiani”, che richiedono un ulteriore impegno per stimolare la sua diffusione. A rimanere indietro è anche il protocollo informatico , per il quale una proposta di legge del ministro all’Innovazione nella PA Luigi Nicolais, come noto, prevede la possibilità di nomina di un commissario ad acta per le amministrazioni che non lo implementino .

A dover essere risolta al più presto, secondo il CNIPA, rimane la questione delle modalità di pagamento in rete verso la PA . “Stiamo lavorando – sottolinea Zoffoli a questo proposito – a nuove soluzioni di pagamento anche tramite il telefono cellulare”.

Si prosegue infine sulla via della dematerializzazione dei documenti cartacei . La sola carta stampata annualmente negli uffici pubblici e privati del nostro paese che viene cestinata entro la prima ora supera i 50 miliardi di pagine , uno spreco valutabile in quasi un miliardo di euro e in almeno un milione di alberi. Una situazione intollerabile sul quale sia CNIPA che Governo stanno lavorando. “Si stima – spiega il CNIPA – che le amministrazioni centrali si scambino annualmente 100 milioni di documenti, di cui 20 milioni per raccomandata. Il solo onere delle spese postali è di oltre 160 milioni di euro, pressoché interamente risparmiabili con la dematerializzazione”.

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Pubblicato il
5 lug 2007
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