Lytro, la fotografia 3.0

Lytro, la fotografia 3.0

Dall'annuncio in odore di vaporware a realtà. La fotocamera dei piani di luce mostrata alla stampa. In commercio, a prezzi popolari, dal 2012
Dall'annuncio in odore di vaporware a realtà. La fotocamera dei piani di luce mostrata alla stampa. In commercio, a prezzi popolari, dal 2012

Pochi mesi di ritardo, tutto sommato accettabili: si era parlato di fine 2011 , ma la prima fotocamera Lytro arriverà sul mercato a inizio 2012. Si può già ordinare, e il prezzo come la forma sono destinati a stupire: si parte da 399 dollari (290 euro) e si arriva al massimo a 499 (360), e si dice addio alla classica forma della fotocamera mutuata dal reflex e compatte a pellicola. Lytro, così si chiama l’azienda e anche il prodotto, assomiglia a un tubo con una lente a un’estremità e un iPod Nano dall’altra: è in grado di raccogliere immagini tridimensionali o con la messa a fuoco variabile in post-produzione, è semplice da usare e ha solo due pulsanti (accensione e scatto) sull’intero corpo. Visto che si parlava di 10mila dollari a fotocamera, una bella sorpresa: ed è già possibile ordinarla .

L’ idea alla base di Lytro è quella dei campi di luce o piani di luce: mentre in una fotocamera tradizionale le lenti convogliano la luce verso il sensore che misura l’intensità luminosa raccolta da ogni singolo pixel, in questo caso ci sono milioni di microlenti poste dopo l’obiettivo che “sparpagliano” la luce su un sensore in grado di misurare non solo l’intensità ma anche la direzione da cui la luce proviene. In pratica, invece di misurare unicamente quanta luce entra nell’obiettivo, Lytro misura quanta luce arriva e da dove: ciascun pixel è in grado di raccogliere queste informazioni vettoriali , che vengono immagazzinate in un file RAW (in formato proprietario, esportabile in JPG) manipolabile successivamente o visionabile direttamente dal piccolo schermo della macchina.

lo schema costruttivo
Lo schema costruttivo

Sono due i vantaggi principali di questa tecnologia: la prima è la possibilità di fare a meno della messa a fuoco dell’immagine, visto che le informazioni necessarie per effettuarla sono contenute nell’immagine catturata. Si può agire a posteriori, e Lytro ha realizzato anche un sistema di embedding (HTML5 o Flash) per mostrare le proprie foto sui social network e sul web senza particolari acrobazie: il risultato è una foto viva, che può cambiare secondo il gusto del momento e risultare più coinvolgente di quelle tradizionali. Inoltre, non essendo necessaria la messa a fuoco non è necessario l’hardware per l’autofocus: e questo significa pure che per scattare non è necessario mettere a fuoco, e quindi lo scatto è immediato. Inoltre, e qui viene il bello, l’immagine catturata è a tutti gli effetti tridimensionale : raccogliere dati su intensità e direzione dei raggi luminosi consente di immagazzinare informazioni sulla disposizione nello spazio degli oggetti. Con una elaborazione software, che sarà possibile direttamente dal software dell’azienda dal prossimo anno, si potrà anche “variare” il punto di vista dell’immagine, o mostrarla su uno schermo 3D.


Un clic per spostare il fuoco, doppio clic per lo zoom


la fotocamera Le prime impressioni su Lytro sono contrastanti. La foggia del device può piacere o meno, di sicuro è una chiara indicazione del tentativo di realizzare un’esperienza diversa da quella della fotografia chimica e digitale “tradizionale”: l’azienda parla per l’appunto di fotografia 3.0 , ovvero di un modo nuovo e di un approccio diverso per la cattura di un momento. Prova ne sia anche la scelta di scattare foto con rapporto di proporzione 1:1 (quadrate), e di tentare di semplificare al massimo l’utilizzo della fotocamera: si schiaccia un bottone e si accende, se ne schiaccia un’altro e si scatta la foto, lo zoom è una ghiera touch che copre un intervallo 8x. Il corpo di alluminio è disponibile in 3 colori (azzurro e grigio per la versione da 8GB che contiene fino a 350 foto, rossa quella da 16GB per 750 scatti), niente batteria intercambiabile o attacchi per accessori aggiuntivi: l’unico ingresso I/O è una porta USB, che svolge sia la funzione di ricarica (400 scatti circa per ciclo) che di via d’uscita per scaricare le proprie immagini sul PC.

Anzi, sarebbe meglio dire sul Mac: strano a dirsi, Lytro ha scelto di iniziare con un software disponibile solo per computer Apple (la versione Windows sarà rilasciata in seguito), che non è neppure necessario installare. Analogamente a quanto visto con le videocamere Flip, concetto a cui Lytro si è ispirata parecchio, l’ambiente di post-produzione si avvia automaticamente dalla fotocamera appena viene collegata al computer: le foto possono essere spostate sul proprio disco rigido o archiviate sui server Lytro (spazio illimitato). L’idea è quella di semplificare al massimo la curva di apprendimento per l’utilizzo: non c’è da mettere a fuoco, si scatta in un istante, ci si collega al PC e si riguarda o si condivide. Gli amici possono giocare con il risultato, magari postato sulla propria bacheca Facebook.

Lo stretto connubbio tra Lytro e Mac si riverbera inevitabilmente nell’idea dell’esperienza utente proposta: le gesture per scegliere l’esposizione, rivedere le foto, scorrere tra di esse, sono mutuate quasi identiche dal paradigma di utilizzo di iPad o iPhone. Lo chassis d’alluminio, i comandi, il minimalismo, sono il marchio di fabbrica di Apple. La stessa idea di offrire un workflow unico integrato, nessuna espandibilità (come iPod), quasi un ecosistema chiuso da cui escono solo le immagini finite, è una sorta di riproposizione in chiave fotografica dell’ecosistema OSX-iOS . Potrà essere o meno vincente tra il pubblico, ma è un tentativo di non lasciare punti deboli nella catena di fruizione.


Un clic per spostare il fuoco, doppio clic per lo zoom


Quello che non convince del tutto è la qualità delle immagini prodotte: fino a pochi anni fa, anzi fino a l’altro ieri praticamente, le immagini prodotte dai apparecchi di questo tipo erano ottenute tramite l’utilizzo di matrici di sensori molto ampie (nell’ordine del metro) e di super-computer in grado di elaborarle. Sebbene le ottiche poste dinanzi al sensore Lytro siano buone sulla carta (f/2 costante su tutta la lunghezza focale), i primi risultati non sembrano esaltanti : lo schermo piccolo (solo 1,46 pollici, come dimensioni siamo circa su quelle di un iPod Nano), l’assenza di flash o di una stabilizzazione anti-tremore, rendono complicato comporre l’immagine – operazione resa già più complessa dall’abitudine di lavorare con fotocamere con fuoco definito – e giudicare il risultato dopo lo scatto. Non ci sono indicazioni sul numero di megapixel, non avrebbero senso: Lytro si limita ad affermare che il suo sensore è da 11 milioni di raggi di luce, ovvero è in grado di registrare 11 milioni di informazioni su diversi vettori luminosi.


Un clic per spostare il fuoco, doppio clic per lo zoom


L’idea di Lytro è buona, e potrebbe anche trovare molto spazio in futuro nel campo della fotografia: l’azienda è ben finanziata e sta rispettando la tabella di marcia. Quello che non convince del tutto è la strada intrapresa: le fotocamere sono dei piccoli cannocchiali da portare al collo, difficili da immaginare nella tasca posteriore dei jeans, e dovranno vincere lo scetticismo dettato dall’abitudine di chi ha imparato a fare foto con un form-factor quasi inalterato da almeno 60 anni. Una Lytro con la forma di una reflex potrebbe fare gola a parecchi, visto anche il prezzo che per una tecnologia nuova come questa non sembra proibitivo: quella attuale non è un prodotto professionale ma prettamente consumer (eppure non è in grado di girare video , un must oggi giorno), e fa riflettere che le foto presenti sul sito per presentare il prodotto, a parte quelle della galleria di esempi , siano il risultato di sensori tradizionali con workflow tradizionali. Resta da vedere cosa accadrà nel corso del 2012 , per scoprire quanto questo prodotto sarà in grado di rosicchiare della torta del mercato della fotografia digitale fin qui dominato dai marchi giapponesi.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
20 ott 2011
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