Nintendo, tagli tedeschi

Nintendo, tagli tedeschi

L'azienda chiude una sede in Germania e annuncia il contestuale ridimensionamento della forza lavoro. Mentre Sony, per la prima volta dopo 8 anni, vende più console della mamma di Super Mario
L'azienda chiude una sede in Germania e annuncia il contestuale ridimensionamento della forza lavoro. Mentre Sony, per la prima volta dopo 8 anni, vende più console della mamma di Super Mario

Che Nintendo versi da tempo in una situazione non rosea, schiacciata dalla concorrenza di console dall’hardware più avanzato, è cosa nota: la tendenza è costante da tre anni a questa parte, netta come i numeri di bilancio della casa di Super Mario. Ora sono di nuovo i numeri a rappresentare una sconfitta per Nintendo: nell’ultimo anno ha venduto 16,3 milioni di console, superata dopo 8 anni da Sony che, complice l’avvento di PS4, ha piazzato 18,7 milioni di dispositivi.

Si tratta per Nintendo di vendite in calo del 31 per cento: se Nintendo 3DS ha mancato il traguardo dei 13,5 milioni di vendite, un traguardo già ridimensionato nel mese di gennaio, anche Wii U non ha saputo stare al passo con le aspettative. Il settore software, con certi titoli come Mario Kart 8, garantisce nonostante tutto soddisfazioni non da poco.

E se proprio sul software punterà la presentazione presso l’E3 di Los Angeles, le modalità apparentemente sottotono della partecipazione di Nintendo all’evento dedicato al mondo videoludico tradiscono, secondo alcuni osservatori , il momento di crisi.

Un segnale ben più evidente delle difficoltà che sta attraversando Nintendo, però, è l’ annuncio del ridimensionamento dei propri avamposti europei: la sede tedesca di Großostheim verrà chiusa e venduta, per trasferire le attività presso la non lontana sede di Francoforte. Nintendo spiega che questa scelta, “non operata con leggerezza, ma risultato di attente analisi e considerazioni”, “purtroppo avrà delle conseguenze dirette per alcuni degli impiegati degli uffici di Großostheim e di Francoforte”: saranno 130 i lavoratori che perderanno il posto, a favore di pratiche di “outsourcing e riorganizzazione” non meglio precisate.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
9 giu 2014
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