In una proposta per l’AI Action Plan dell’amministrazione Trump, OpenAI ha avanzato una richiesta abbastanza sfrontata: una strategia chiara sul copyright che consenta l’utilizzo dei contenuti protetti dal diritto d’autore per addestrare i modelli AI. Una bella faccia tosta…
Il “fair use” come chiave del successo dell’AI Made in USA
Secondo Sam Altman, il primato degli Stati Uniti nel campo dell’intelligenza artificiale si deve in gran parte alla dottrina del “fair use“, che permette un uso più libero dei contenuti coperti da copyright. “L’America ha così tante startup di AI, attira così tanti investimenti e ha fatto così tante scoperte proprio perché il fair use favorisce lo sviluppo dell’AI“, sostiene la società nella sua proposta.
Non è la prima volta che OpenAI difende il fair use. L’anno scorso, la società aveva già fatto infuriare molti sostenendo che limitare l’addestramento delle AI ai contenuti di pubblico dominio sarebbe stato un “esperimento interessante“, ma non avrebbe prodotto sistemi di AI all’altezza delle esigenze odierne. Peccato che OpenAI abbia addestrato molti dei suoi modelli su dati web raccolti senza chiedere il permesso a nessuno.
Autori ed editori infuriati con OpenAI
Inutile dire che la nuova proposta di OpenAI farà andare su tutte le furie autori ed editori che hanno già portato la società in tribunale per violazione del copyright. Ma OpenAI sembra determinata a combattere la sua battaglia per la “libertà dei dati”, anche a costo di inimicarsi una fetta consistente dell’industria creativa e dell’editoria. Del resto, quando ci sono in gioco i miliardi di dollari degli investitori, chi se ne importa di qualche autore arrabbiato?