Popcorn Time e i furti degli utenti

Popcorn Time e i furti degli utenti

Nuove denunce statunitensi nei confronti degli utenti che abbiano abusato del software per fruire di film in violazione del copyright. Gli studios ritengono che Popcorn Time sia illegale, ma per ora non intendono provarlo
Nuove denunce statunitensi nei confronti degli utenti che abbiano abusato del software per fruire di film in violazione del copyright. Gli studios ritengono che Popcorn Time sia illegale, ma per ora non intendono provarlo

“Popcorn Time esiste per un solo ed unico proposito: rubare contenuti protetti da copyright”: ne è convinta la casa di produzione Survivor Productions Inc., che ha però scelto di avviare un’azione legale per individuare gli utenti dietro ad una manciata di indirizzi IP colti a sfruttare il software per intrattenersi con lo streaming di contenuti che circolano su reti P2P. Scegliere di perseguire gli utenti, in luogo di scagliarsi contro gli sviluppatori del software, potrebbe tradire la difficoltà di dimostrare che Popcorn Time non sia un semplice strumento, neutrale rispetto ai contenuti che gli utenti scelgono di fruire.

Analogamente al procedimento avviato nei giorni scorsi dalla casa di produzione Cobbler Nevada LLC, portato avanti dallo stesso studio legale presso una corte dell’Oregon, la denuncia di Survivor Productions Inc. è mirata a tutelare i diritti di un film, l’omonimo Survivor, ormai ampiamente condiviso su rete BitTorrent e fruito in streaming a mezzo Popcorn Time.

Nelle mani della casa di produzione ci sono 16 indirizzi IP afferenti a utenti Comcast, a cui si vorrebbe dare un nome per ottenere un confronto diretto in tribunale con gli intestatari degli abbonamenti. Impossibile che i soggetti in questione ignorino di aver assunto una condotta illegale, sostiene il detentore dei diritti: coloro che mettono a disposizione il software di Popcorn Time, in un atteggiamento bifronte, da un lato propongono sui loro siti i titoli fruibili per mezzo del software e dall’altro avvertono gli utenti del fatto che l’uso di Popcorn Time, che prevede la condivisione dei contenuti di cui si sta fruendo, potrebbe violare la legge nel caso in cui si attinga a materiale protetto da copyright.

Negli States, per ora, i detentori dei diritti mirano agli utenti che abusano dei contenuti per mezzo del software: “entrano esplicitamente a far parte di una rete che ruba contenuti coperti da copyright, incluso quello di proprietà dell’accusa – spiegano i legali di Survivor Productions – e che agevola a favore di altri utenti il furto dei contenuti”. Ma nel testo della denuncia con cui si vorrebbero ottenere i nomi di chi si sia intrattenuto nella condotta illegale non si rinuncia a sottolineare l’illegalità del software stesso : “il semplice possesso di un programma software come Popcorn Time” suggerisce l’accusa, in Oregon potrebbe configurarsi come un illecito, nella fattispecie quello di “possesso di strumenti atti al furto o allo scasso”, equiparando senza troppi distinguo il furto di un bene fisico alla duplicazione di dati immateriali. Si tratta però di un’accusa solo informale: l’azione legale è rivolta agli utenti, dai quali gli studios probabilmente ritengono sia più probabile ottenere un ritorno, dal punto di vista economico ma soprattutto dal punto di vista dell’effetto deterrente, senza dover provare la natura illegale di Popcorn Time.

A differenza degli sviluppatori originari del progetto, che lo hanno abbandonato nel timore delle rivendicazioni degli studios, gli attuali sviluppatori dei numerosi fork di Popcorn Time sostengono di potersi collocare in una posizione neutrale e inattaccabile, anche se le autorità di alcuni paesi, Italia compresa , hanno ritenuto possibile colpire alla fonte, decretando l’ inibizione dei siti che propongono l download del software. Se non è ancora dato sapere quali siano le basi legali a fondamento dell’operazione italiana, la giustizia del Regno Unito ha giustificato il proprio intervento dimostrando le complesse interazioni fra coloro che incoraggiano al download del software e coloro che rendono disponibili i contenuti protetti da copyright.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
4 set 2015
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