In Italia lo chiamano squillino , in Etiopia si chiama “miskin” e in molte altre zone d’Africa viene definito “flashing” o “bipage”: è un modo per mandare un segnale o per far sentire la propria presenza, uno squillino che in Africa è diventato il cuore di un nuovo alfabeto .
Di necessità virtù: si può disporre di un cellulare in molti paesi, ma non sempre si possono pagare le bollette. Ciò non vuole dire non usare il telefonino: lo squillino è un modo per farsi richiamare da chi magari può permetterselo, uno strumento impiegato per abilitare la comunicazione secondo regole che vanno definendosi nella prassi di tutti i giorni. Ad esempio non squillare mai a chi è più povero, mai disturbare qualcuno a cui si vuole chiedere un favore. Men che mai i maschietti squillino ad una donna che corteggiano, rischiano di fare la figura del pezzente.
Sulle reti africane, racconta un bel servizio di Reuters , il traffico degli squillini è enorme, tanto che gli operatori stanno pensando ad un modo di far pagare una cifra simbolica per ridurne la portata: su 355 milioni di chiamate ogni giorno, ben 130 milioni sono semplici squilli. Quella dello squillino a pagamento si era già sentita anche da queste parti (ma era una bufala). In realtà l’alternativa esiste: realizzare un altro strumento di comunicazione, un sistema che consenta di simulare lo squillo senza impegnare il sistema con una chiamata: in Sudan ci stanno già pensando.
Altrove, invece, per gli squilli si comincia a pagare: meno di un centesimo di euro in Congo, mentre in Kenya sono consentiti massimo cinque squilletti al giorno. In Senegal, se il credito scende sotto i sette centesimi, l’operatore permette di inviare una sorta di messaggio di richiamata, detto appunto “Rappelle-moi”. Tutti metodi per tentare di scoraggiare l’uso di questo sistema, che è in grado comunque di raggiungere espressività incredibili: “vienimi a prendere”, oppure “lavoro finito”. Non c’è limite alle possibili combinazioni, basta mettersi d’accordo sul numero di squilli consecutivi, o sulle pause…
Il cellulare, in Africa come in altri paesi come l’India , è diventato lo strumento principale di comunicazione e di alfabetizzazione digitale : tantissimi ne possiedono uno, e tutti lo utilizzano per le più svariate attività. Dal giornalismo ai servizi finanziari , dalla sanità alla gestione dei propri affari: in molte aree, da sempre deficitarie di linee telefoniche, con l’avvento della telefonia mobile non c’è più bisogno di lunghi e pericolosi viaggi per ottenere una informazione, basta una telefonata.
Il cellulare, insomma, da queste parti non è uno status symbol o un segno di agiatezza: è uno strumento irrinunciabile per chiunque voglia intraprendere una attività e dunque scelga il lavoro indipendente. E sia gli operatori che l’ONU si interessano alla faccenda: i primi perché sperano di raccogliere nuovi clienti e nuovi introiti dai cittadini non ancora raggiunti dal segnale; i secondi perché vedono nel telefonino lo strumento per garantire lo sviluppo di quelle popolazioni, annullando il digital divide.
Luca Annunziata