USA, fotografi la città? Prima paga

USA, fotografi la città? Prima paga

Un intero quartiere di una città del Maryland è considerato proprietà privata, e scattare fotografie è una concessione dei proprietari. A New York presto servirà un'autorizzazione per immortalare scorci di città
Un intero quartiere di una città del Maryland è considerato proprietà privata, e scattare fotografie è una concessione dei proprietari. A New York presto servirà un'autorizzazione per immortalare scorci di città

Chip Py stava per imbracciare la sua macchina fotografica lungo Ellsworth Drive, il viale principale di Silver Spring, nel Maryland: il contrasto tra lo skyline dei palazzi e il cielo terso appariva un ottimo soggetto da immortalare. Ma Py ha attirato l’attenzione di un uomo della security, che gli ha imposto il divieto di fotografare .

Il centro di Silver Spring, ha appreso Chip Py, non è una ordinaria strada cittadina, non è un luogo pubblico, ma un supermercato a cielo aperto . Una cattedrale del consumo nel quale vigono le norme imposte dalla partnership di compagnie che ha trasformato il viale sonnacchioso del centro cittadino in un rutilante affollamento di negozi, ristoranti, centri di intrattenimento. Una partnership che, pur essendo finanziata dallo stato nell’opera di recupero di Silver Spring, pare abbia tutto il diritto di dettare legge su quella che appare sua proprietà privata .

No alle fotografie, quindi. Per ragioni di sicurezza , per evitare che il fotografo ripubblichi lo scatto in un contesto che possa trasmettere un’ immagine negativa o distorta della compagnia, per impedire che il fotografo possa trarre profitto dall’opera derivata, utilizzandola a scopi commerciali. Chip Py, però, non si è rassegnato di fronte alla privatizzazione del centro cittadino e al bando degli scatti: ha reso nota la questione al Washington Post , ha aperto un dibattito su Flickr, si è rivolto alla blogosfera locale , ha organizzato una sfilata di fotografi, pronti a riconquistarsi il diritto di immortalare il centro della loro città (qui sotto una foto “rubata”).

Una delle foto proibite Nel frattempo, riportano blog dedicati alla questione così come il Washington Post , gli amministratori del centro cittadino sembrano pronti a fare marcia indietro sulla policy riguardo alle fotografie. Fotografie che, pubblicate online e mostrate ad amici e parenti, non possono che attirare turisti pronti a consumare negli innumerevoli esercizi commerciali.

Ma, prospetta The Baltimore Sun , il centro cittadino continuerebbe a essere un fortino impermeabile al Primo Emendamento : potrebbe non essere tollerata la libera espressione; in quanto luogo privato, i cittadini continuerebbero ad essere clienti. E i fotografi che parteciperanno alla manifestazione organizzata da Py potrebbero essere invitati a togliere il disturbo.

Ma il diritto alla fotografia potrebbe essere negato anche presso luoghi indubbiamente pubblici, marciapiedi inclusi. È il New York Times ad avvertire coloro che si aggirano nella Grande Mela, armati di videocamere o di macchine fotografiche: i gruppi di tre persone che intendono filmare per più di mezzora in un raggio di circa trenta metri e i gruppi di cinque persone intenti a montare cavalletti, a partire dai prossimi mesi, potrebbero dover richiedere una speciale autorizzazione , accompagnata da un’ assicurazione che li tuteli per un milione di dollari da eventuali danni rivendicabili da terze parti.

Non è chiaro il motivo che ha spinto l’amministrazione di New York a porre in discussione un tale provvedimento , se si tratti di questioni di privacy o di copyright , come quelle previste per il ” fagiolo ” di Anish Kapoor che riflette la selva di grattacieli e le nuvole di Chicago o a quelle che hanno recentemente spinto alla decisione di rimuovere dalla Wikipedia italiana le immagini di opere architettoniche ammirabili nel Belpaese. Il provvedimento potrebbe essere altresì volto a garantire una maggior sicurezza , allineandosi alla proposta del 2004 di mettere al bando le fotografie dalle metropolitane e dai mezzi di trasporto pubblici. Il New York Times imputa la proposta del comune ad un caso che negli anni scorsi aveva sollevato polemiche: un documentarista indiano era stato fermato dalle forze dell’ordine per non aver richiesto il permesso di filmare. Una autorizzazione che, però, non era resa obbligatoria da alcun documento scritto emesso dal comune. Per questo motivo si era chiesto di formalizzare delle linee guida, in modo di evitare situazioni ambigue.

Ma il provvedimento appare tutt’altro che cristallino . Una rappresentante dell’ Office of Film, Theater and Broadcasting di New York ha assicurato che, pur non essendo stato tracciato alcun distinguo nella bozza redatta finora, il provvedimento avrà un impatto minimo sulle frotte di turisti, mentre coinvolgerà i professionisti e le immagini catturate a scopo commerciale. Rassicurazioni che non convincono la New York Civil Liberties Union , che già prospetta un’applicazione selettiva e discriminatoria.

Potrebbe non essere più sufficiente il consiglio di DCist , che invitava gli amatori a munirsi della carta dei diritti del fotografo : il New York Sun , con sarcasmo, raccomanda ai turisti di assoldare una squadra di avvocati.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
3 lug 2007
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