AGCM: istruttorie su Google, Apple e Dropbox per il cloud

Cloud: istruttorie AGCM su Google, Apple e Dropbox

Avviati procedimenti per far luce su presunte pratiche commerciali scorrette e clausole vessatorie presenti nelle condizioni contrattuali.
Cloud: istruttorie AGCM su Google, Apple e Dropbox
Avviati procedimenti per far luce su presunte pratiche commerciali scorrette e clausole vessatorie presenti nelle condizioni contrattuali.

Sei istruttorie avviate da AGCM nei confronti di tre colossi del mondo online: Google, Apple e Dropbox. A finire sotto la lente d’ingrandimento sono le pratiche commerciali attuate e le condizioni contrattuali applicate dalle tre società per quanto concerne i rispettivi servizi di cloud computing.

AGCM avvia sei istruttorie sui giganti del cloud

L’attenzione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è puntata in direzione del gruppo di Mountain View per la piattaforma Google Drive, mentre per quello di Cupertino a essere in esame è iCloud e nel caso di Dropbox il servizio omonimo, nato come soluzione per il cloud storage e andato poi evolvendo via via nel corso degli anni con la continua inclusione di nuove funzionalità indirizzate in buona parte all’ambito business.

Google, Apple e Dropbox sotto la lente dell’autorità

Nel dettaglio, citiamo il comunicato diffuso tramite le pagine del sito ufficiale, “le istruttorie per pratiche scorrette nei confronti di Google e Apple riguardano la mancata o inadeguata indicazione, in sede di presentazione del servizio, dell’attività di raccolta e utilizzo a fini commerciali dei dati forniti dall’utente e il possibile indebito condizionamento nei confronti dei consumatori, che, per utilizzare il servizio di cloud storage, non sarebbero in condizione di esprimere all’operatore il consenso alla raccolta e all’utilizzo a fini commerciali delle informazioni che li riguardano“. Insomma, questioni che chiamano in causa direttamente il delicato tema della raccolta e gestione dati nonché quello della privacy, normati nel vecchio continente dal GDPR in vigore da ormai oltre un biennio.

A Dropbox vengono mosse le stesse contestazioni, ma in questo caso l’azienda dovrà anche chiarire la scelta di non fornire “in maniera chiara e immediatamente accessibile le informazioni sulle condizioni, sui termini e sulle procedure per recedere dal contratto e per esercitare il diritto di ripensamento” nonché “di non consentire all’utente l’agevole ricorso a meccanismi extra-giudiziali di conciliazione delle controversie, cui il professionista sia soggetto, con le indicazioni necessarie per accedervi”.

Per quanto riguarda invece i procedimenti per clausole vessatorie sono prese in esame alcune condizioni contrattuali applicate dalla società:

  • l’ampia facoltà da parte dell’operatore di sospendere e interrompere il servizio;
  • l’esonero di responsabilità anche in caso di perdita dei documenti conservati sullo spazio cloud dell’utente;
  • la possibilità di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali;
  • la prevalenza della versione in inglese del testo del contratto rispetto a quella in italiano.

Nel momento in cui viene scritto e pubblicato questo articolo non risultano disponibili dichiarazioni o commenti in merito da parte delle tre società chiamate in causa. Le integreremo eventualmente in seguito.

Fonte: AGCM
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Pubblicato il
7 set 2020
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