Alla conferenza I/O di Google abbiamo visto il futuro della ricerca. E non parliamo di qualcosa che arriverà tra anni, è già qui. AI Mode non è più solo un’opzione che si può accendere o spegnere: è diventata una scheda che si può scegliere come predefinita. E tutto fa pensare che presto diventerà l’unico modo di cercare online.
AI Mode, la nuova ricerca di Google è personale e predittiva
Non è il solito aggiornamento di Google o l’ennesima modifica dell’algoritmo. È una rivoluzione vera e propria. Con AI Mode, la ricerca non sarà più una lista pubblica di risultati uguali per tutti. Sarà un assistente personale che conosce i gusti di ogni singolo utente. Questo significa che i contenuti visualizzati saranno altamente personalizzati. L’intelligenza artificiale selezionerà solo ciò che ritiene più rilevante per quella persona, in quel momento.
Per i marketer, è una svolta cruciale. Se un prodotto o un contenuto non rientra tra quelli che l’AI reputa pertinenti per l’utente, sarà escluso dai risultati. Non si tratta più solo di essere in prima pagina, ma di essere rilevanti per ogni singolo utente. In poche parole, la ricerca non riguarda più le parole chiave o i contenuti, ma le persone.
L’AI Mode non si limita a rispondere alle domande, aspira a conoscerci davvero. Fruga in Gmail, nel calendario, nelle mappe che si usano, nei video che si guardano su YouTube, nelle ricerche fatte in passato, ecc. Sta mettendo insieme un ritratto preciso di chi siamo e di cosa ci piace. Non si sopportano le cipolle? Google non mostrerà mai ricette che le contengono. Il prossimo weekend si va a Parigi? Arriveranno consigli su posti da vedere vicino al proprio hotel, non la solita lista generica di attrazioni turistiche. Non è più un motore di ricerca che funziona nella stessa maniera per tutti. È il nostro motore di ricerca personale, che sa esattamente chi siamo e cosa vogliamo.
Cosa significa davvero AI Mode?
Con AI Mode, i risultati di Google diventano così personalizzati da fare paura, nel vero senso della paura. Big G non si limita a conoscere da dove si sta cercando. Ora sa chi siamo, cosa abbiamo fatto di recente, cosa ci interessa, ecc. Come ci riesce? Pescando dati da ogni angolo del nostro ecosistema digitale: email, calendario, video di YouTube, ricerche, luoghi visitati (tramite Google Maps), dati sulla salute (se si usa un Fitbit), come si spendono i soldi, e tutto quello che si fa online, su qualsiasi dispositivo.
Cosa significa nella vita reale? Che Google non mostra più ciò che esiste, ma ciò che pensa sia giusto per noi, in quel preciso momento. È il passaggio dalla “ricerca” alla previsione personalizzata. L’AI Mode di Google ha ribaltato tutto. La ricerca non è più una finestra sul mondo, ma uno specchio che riflette l’immagine di ogni singolo utente.
La pagina dei risultati non sarà più uguale per tutti. Sarà filtrata attraverso la nostra vita: il calendario, la posta, le cose che compriamo, persino quello che ci passa per la mente. Google prende tutto questo e costruisce intorno una realtà su misura. In pratica, non si navigherà più su Internet, ma in una versione di Internet creata apposta per noi.
La ricerca sarà più emotiva che logica?
Le persone non cercheranno più “scarpe da corsa economiche“. Ma scriveranno: “mi fanno male le ginocchia quando corro” alle due di notte. Ed è proprio lì che i brand possono fare la differenza. Conterà di più essere rilevanti per qualcuno che essere visibili a tutti. In un mondo dove gli algoritmi filtreranno tutto, i marchi dovranno restringere il loro pubblico, non allargarlo.
Questo significa, che prima di iniziare qualsiasi strategia SEO, ogni marketer (editori e social media compresi) dovrà capire a fondo che problemi risolve, per che tipo di persone, su quali piattaforme si trovano le persone e con quale stato d’animo cercano quel determinato prodotto/servizio.
Allora, può essere utile espandere la ricerca delle parole chiave per includere stati emotivi e comportamenti: “non riesco a dormire prima del colloquio”, “mi sento sfinito“, “come dire di no senza sentirsi in colpa“. Non bisogna ottimizzare solo per quello che le persone vogliono, ma per il perché lo vogliono.
Le pagine dei risultati sono campi di battaglia. Non basta più apparire nei risultati. Bisogna lottare per essere la fonte che Google cita nelle sue AI Overview. Le persone ora trovano tutto quello che serve direttamente nel riassunto AI di Big G, senza cliccare su nessun sito. L’obiettivo quindi, è diventare la fonte da cui Google prende le informazioni. Ecco, perché è importante tenere d’occhio cosa, dei propri contenuti, va a finire in questi riassunti AI.
È il momento perfetto per ripensare tutto
La ricerca non succede più solo su Google. Le persone cercano su TikTok, YouTube, Instagram e tante altre piattaforme. E Google? Sta prendendo questi contenuti brevi e li sta mettendo direttamente nei suoi risultati. I brand che si fanno prendere dal panico per il calo di traffico stanno perdendo tempo a rattoppare un sistema che non funziona più. L’AI premierà chi è onesto e specifico, non chi cerca di essere tutto per tutti.
E l’autorità conterà più che mai. Quando l’intelligenza artificiale deve scegliere tra tre contenuti praticamente identici, l’autorità sarà il fattore che fa la differenza. L’E-E-A-T (Esperienza, Competenza, Autorevolezza, Affidabilità) non passerà di moda, anzi… Google si farà sempre le stesse domande: “Chi è più affidabile in questo settore?” “Chi citano i giornalisti quando ne parlano?”
In un mondo dove tutti usano l’AI per creare contenuti simili, Google (ma non solo) hanno bisogno di qualcosa per decidere di chi fidarsi. Ad esempio, se Tesla e Polestar scrivono entrambe un articolo su “quanto durano le batterie delle auto elettriche“, chi finisce nel riquadro dei risultati di Google? Non vince chi scrive meglio. Vince chi ha i link dai grandi siti del settore auto, tecnologia ed energia; le citazioni costanti quando si parla dell’argomento.
L’AI non guarderà solo cosa viene detto, ma chi considera chi come una fonte abbastanza autorevole da citarla. È la differenza tra essere un esperto riconosciuto e uno che fa solo rumore.