Aurous, RIAA e il processo alle intenzioni

Aurous, RIAA e il processo alle intenzioni

La piattaforma che prometteva di porsi come un player universale per musica legale e illegale ha sviluppato solo parte della propria offerta e non ha ancora un modello di business. L'industria della musica non intende concedergli un futuro
La piattaforma che prometteva di porsi come un player universale per musica legale e illegale ha sviluppato solo parte della propria offerta e non ha ancora un modello di business. L'industria della musica non intende concedergli un futuro

L’industria della musica ha atteso il rilascio della versione alpha per scagliarsi contro Aurous, soluzione che infila nell’interfaccia semplice di un servizio di streaming i file che circolano su piattaforme terze, di cui gestisce la distribzuione basandosi su protocollo BitTorrent: “Aurous è un servizio che esiste per una sola ragione – hanno denunciato all’unisono Universal Music Group, Sony Music, Warner Bros Records, Atlantic e Capitol Records – trarre profitto dalla musica più popolare protetta da copyright”.

Aurous

Da tempo annunciato come il corrispettivo per la musica del chiacchieratissimo Popcorn Time, sviluppato da Andrew Sampson ed erede del motore di ricerca Strike, che vanta la capacità di indicizzare non solo i contenuti sui tracker ordinari ma anche quelli disseminati tramite Distributed Hash Table, Aurous si è proposto al pubblico per il download in una versione preliminare solo il 10 ottobre. Nel quadro di un’interfaccia semplice e ancora rudimentale nelle sue funzioni, con un numero di tracce limitato e capace per ora di attingere mp3 a sole piattaforme per la condivisione come VK e Pleer, Aurous ambisce a configurarsi come il player dei player musicali , nel quale convergeranno progressivamente brani e playlist attinti a servizi come YouTube, attraverso le API pubbliche. Non è chiaro se Aurous rastrellerà file anche presso le piattaforme P2P: il proposito iniziale sembra ora essere sapientemente sottaciuto. Il sistema di distribuzione, però, è quello delle reti P2P: i file distribuiti agli utenti per lo streaming e il download sono disseminati nella propria rete, che fa affidamento su protocollo BitTorrent.

Un aspetto che emerge con chiarezza dall’interfaccia di Aurous è, per l’ora, l’assenza di qualsivoglia forma di advertising: lo sviluppatore della piattaforme per ora si è limitato a prospettare potenziali sistemi per ricompensare gli artisti ma non ha fatto concreto accenno ad alcun modello di business per il sostentamento della piattaforma.

Eppure l’industria discografica, sotto l’egida di RIAA, ha già sporto denuncia: nei documenti depositati presso un tribunale della Florida, le etichette denunciano come Aurous “permetta agli utenti Internet di cercare, fare lo streaming e scaricare copie pirata delle registrazioni per l’ascolto immediato o per ascolti successivi”, brani recuperati da “fonti note online per l’offerta di musica pirata”. È questo uno degli aspetti illegali riscontrati da RIAA nel funzionamento di Aurous: nonostante il fondatore del player parli di fonti legittime come YouTube (ammesso e non concesso che la licenza ottenuta da Google copra a cascata anche gli usi compiuti da terzi) per ora le fonti del player si limutano a servizi come VK, social network già nelle mire dell’industria dei contenuti, e la piattaforma Pleer, spesso oggetto di reclami da parte dei detentori dei diritti. Ad indispettire la RIAA, proprio il fatto di rendere disponibili contenuti pirata condivisi da altri utenti su piattaforme terze.

Ma non è tutto: la denuncia dell’industria dei contenuti fa leva anche sulle promesse finora forumluate dallo sviluppatore di Aurous, che ha descritto il servizio come “BitTorrent per i vostri papà”, echeggiando le leve propagandistiche di Popcorn Time. RIAA, sottolineando che “BitTorrent è noto per essere una fonte di musica pirata”, a dispetto di quanto sempre sostenuto dai suoi sviluppatori, ammette che “al momento non è inclusa in Aurous la possibilità di cercare file sulla rete BitTorrent” ma ricorda che il motore di ricerca Strike, sviluppato dallo stesso fondatore di Aurous, offre proprio questa funzione, che potrebbe essere integrata nella nuova piattaforma.

In sostanza, sostengono le major, Aurous si aggiudicherebbe “un significativo vantaggio sleale sulla concorrenza dei servizi legittimi di streaming e download che operano in cambio di un corrispettivo o che sono supportati dall’advertising”. Se è vero che Aurous non ha ancora un modello di business , osserva RIAA, “sta traendo un diretto beneficio dalla violazione del copyright nel creare una base di utenti che potrebbe monetizzare ora o più avanti nel tempo con l’advertising e con altri metodi per generare fatturato”.

La RIAA, supportata da 20 brani rinvenuti sulla piattaforma giudicati in violazione del copyright, chiede dunque che Aurous sospenda le proprie attività, e che tutti gli operatori che gli offrono supporto, dai fornitori di hosting ai registrar, interrompano qualsiasi relazione commerciale con il servizio , in attesa che il processo faccia il suo corso ed eventualmente vengano riconosciuti danni che per ora si calcolano in un massimo di 3 milioni di dollari.
Il fondatore di Aurous ha già reso noto di ritenere l’affondo della RIAA una minaccia senza alcuna base legale.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
14 ott 2015
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