Ballmer: Android non ci preoccupa

Ballmer: Android non ci preoccupa

Il CEO di Microsoft interviene per chiarire il suo punto di vista sul googlefonino. Che nel frattempo è stato crackato e che presto potrebbe avere il parental control oltre all'antivirus
Il CEO di Microsoft interviene per chiarire il suo punto di vista sul googlefonino. Che nel frattempo è stato crackato e che presto potrebbe avere il parental control oltre all'antivirus

Roma – “Google non si piazza esattamente in cima alla lista dei possibili concorrenti nel settore mobile”: così Steve Ballmer, CEO di Microsoft, durante una conferenza stampa dell’operatore australiano Telstra . Secondo il capo di BigM, oggi Android non è un serio problema per Windows Mobile e il resto della scena dei produttori di sistemi per la telefonia: “Forse un giorno, ma non adesso…” conclude. Il problema, spiega, sarebbe la mancanza di un adeguato ritorno economico per lo sforzo sostenuto nello sviluppo.

Ventidue mesi or sono, lo stesso Ballmer ( seguito poi da alcuni suoi collaboratori) aveva sollevato alcuni dubbi sulla effettiva tenuta del piano industriale di iPhone: per quanto riguarda Android pare andarci più morbido, chiarendo che in questo caso “non capisco davvero la loro (di Google, ndr) strategia: magari qualcun altro invece sì”. Secondo Steve, il problema starebbe tutto nel metodo scelto per guadagnare da questa operazione : “Se andassi dai miei azionisti e dicessi: hey, abbiamo appena lanciato un nuovo prodotto che non ha un modello di business… Non sono sicuro che i miei investitori la prenderebbero molto bene”.

Eppure, secondo Ballmer, è proprio questo quanto starebbe facendo Google con Android: troppi investimenti a fronte di nessun possibile ritorno economico diretto, con la sola speranza che inserendo dappertutto i servizi di BigG sul googlefonino gli utenti visitino spesso le pagine dell’azienda di Mountain View valorizzando i banner presenti. Infine, per Ballmer Google arriva in ritardo: “Possono assumere gente in gamba, assumere un sacco di gente, blah dee blah dee blah : ma di certo partono indietro, in un certo senso”.

Secondo Steve, dunque, Android rischierebbe di collassare su se stesso a causa del modello di sviluppo scelto da Google: senza un’adeguata iniezione di capitali nel progetto, derivante dai guadagni dello stesso, lo sviluppo potrebbe presto arenarsi. L’unica speranza di BigG è che la decisione di rilasciare il codice con licenza open source garantisca un contributo all’evoluzione di Android che lo sospinga oltre i suoi limiti attuali.

Difficile in realtà oggi fare previsioni sul futuro del sistema operativo per telefonini di Google: quel che è certo è che l’apertura del codice agli sviluppatori ha di certo giocato un ruolo decisivo nell’accelerare il processo di jailbreaking crack del sistema operativo montato sul G1 (fino ad oggi l’unico dispositivo commercializzato con Android a bordo) rivelato nelle scorse ore. Android desnudo si potrebbe dire, visto che con una semplice connessione telnet è possibile accedere all’interno del sistema operativo, smanettare tra le cartelle e i file di sistema, procedendo a scavalcare alcune delle limitazioni fin qui imposte dall’architettura software del G1.

Via il blocco dell’operatore, al momento l’esclusivista è T-Mobile, via l’installazione obbligatoria delle applicazioni nell’area di memoria interna al dispositivo piuttosto che sulla SD rimovibile. Secondo quanto descritto dai primi temerari che hanno tentato l’exploit, da più parti segnalato come molto rischioso visto che al momento mancano procedure di ripristino in caso di errore, tutto sembrerebbe funzionare perfettamente anche in presenza di queste modifiche: in un certo senso il Googlefonino non si accorgerebbe neppure di essere stato bucato.

Seguendo lo stesso principio, qualcuno si è anche lanciato nella creazione di un’applicazione per la navigazione tethered , vale a dire mediata dal G1. Se nella conferenza stampa di presentazione era stato ribadito che il googlefonino sarebbe bastato da solo al suo proprietario per godere di tutto quanto c’è in rete, di tutt’altro avviso sembrano essere i suoi effettivi possessori: Tetherbot consente per l’appunto di utilizzare il G1 come “modem” per andare in Rete con un normalissimo computer. La procedura è ancora molto laboriosa e, anche in questo caso, il suo utilizzo è suggerito solo agli esperti: ma è indubbio che un’applicazione che consenta di svolgere questo compito, in vendita nell’Android Market, diverrebbe rapidamente un best seller.

Quanto invece rischia di restare invenduto, almeno per il momento, è l’ antivirus da poco annunciato per Android. L’ha realizzato SMobile System, azienda dell’Ohio, per “proteggere gli utenti dall’attacco e dal proliferare di virus, spyware e altri malware per i dispositivi mobili”: bastano 9,99 dollari per mettersi al sicuro. L’impegno dell’azienda non si è comunque fermato alla creazione di questa prima barriera protettiva, visto che nelle prossime settimane è previsto anche il rilascio di un firewall, un sistema anti-spam, un software per la cancellazione a distanza dei dati presenti sul cellulare e un più comune software di backup.

Resta da chiarire quanto sia realmente utile software del genere su un dispositivo che in fin dei conti monta un kernel Linux, che è stato progettato con in mente il principio delle sandbox , e che utilizza servizi come Gmail che già integrano un servizio anti-spam. Forse più interessante, almeno per una certa categoria di utenti, sarà il sistema di parental control che la stessa SMobile ha promesso di mettere in commercio nel prossimo futuro: una modalità che c’è già a bordo dei telefoni della concorrenza, e che in effetti al momento manca sul G1.

Luca Annunziata

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Pubblicato il 7 nov 2008
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