Charlie Hebdo, quale libertà di espressione?

Charlie Hebdo, quale libertà di espressione?

La Francia non ci ripensa e continua a seguire la strada della sicurezza nazionale: le autorità agiscono per la condanna dell'apologia del terrorismo e per le intercettazioni online
La Francia non ci ripensa e continua a seguire la strada della sicurezza nazionale: le autorità agiscono per la condanna dell'apologia del terrorismo e per le intercettazioni online

Dopo l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo la Francia dimostra di voler far sul serio sul piano della lotta ai reati commessi su Internet: mentre il Ministro degli Interni dichiara che sono stati segnalati 3721 messaggi online che si macchierebbero apologia di terrorismo , uno degli autori è già stato condannato e due di essi arrivano a doversi confrontare con un tribunale per le opinioni espresse online.

Il primo condannato per apologia di terrorismo online è un liceale di 19 anni che venerdì ha ricevuto una sentenza a 12 mesi di reclusione con la condizionale e 210 ore di servizi sociali .

Al momento, poi, per le stesse ragioni devono affrontare il tribunale un uomo di Strasburgo ed un giovane di Nizza: il primo è un trentenne che in seguito all’attentato alla rivista satirica avrebbe pubblicato sulla sua bacheca Facebook la foto di un kalashnikov con una frase di esultanza. Pur usando sul social network uno pseudonimo sarebbe stato individuato dalle autorità attraverso l’indirizzo IP, il che conferma le intenzioni della Francia di sfruttare le potenzialità della data retention, ampliate con il nuovo anno. Il secondo soggetto identificato è invece un quattordicenne la cui colpa è affatto chiara, in quanto avrebbe scritto, sempre su Facebook, “un commento ostile nei confronti della mobilitazione in favore delle vittime dei recenti atti terroristici”.

In base alla legge del 13 novembre 2014, che interviene sull’ articolo 421 , comma 2-5 del Codice penale francese, inserendovi un reato finora previsto solo dalla legge sull’editoria, entrambi rischiano fino a cinque anni di prigione e 75mila euro per aver fatto apologia pubblica di atti di terrorismo, e fino a sette anni di prigione e 100mila euro di multa se tale messaggio è stato veicolato online.

I due, d’altronde, rappresentano la punta dell’iceberg delle segnalazioni recapitate alle autorità tramite la piattaforma Pharos che permette a chiunque di notificare un contenuto considerato illecito: non è dunque detto che tutti i messaggi siano effettivamente incriminabili per apologia di terrorismo.

Nel frattempo continua il processo legislativo francese per discutere di un nuovo decreto legge che permetta alle autorità di intervenire sotto alcune condizioni con il blocco a livello DNS di siti con contenuti di sostegno al terrorismo : per farlo Parigi, da un lato ha notificato l’intenzione di approvare la nuova legge a Bruxelles, dall’altro continua a far pressione sugli Internet Service Provider affinché collaborino maggiormente con le autorità.

A scrivere agli ISP insieme al Governo francese, proprio mentre a Parigi una emozionante manifestazione di pubblica unione tra i popoli sfilava per la libertà di espressione, sono stati i ministri degli Interni di diversi paesi europei, tra cui il Regno Unito, la Germania, l’Italia, la Danimarca e l’Olanda. Nella missiva dei Ministri europei si legge che “nel più serio rispetto dei principi fondamentali di libertà e nel rispetto della legge” gli ISP dovrebbero “creare le condizioni per un più veloce sistema di segnalazione di materiale che incita all’odio, nonché un sistema per agire per la loro rimozione ove appropriato”.

Charlie Hebdo, dunque, tornerà in edicola in una Paese in cui il massacro dei suoi redattori ed il conseguente moto di supporto nei suoi confronti rischia di creare l’effetto apposto: dovrà quindi darsi ancora più da fare per far fronte alla mancanza dei suoi autori principali e per veicolare il suo messaggio che lo ha già portato in passato ad essere censurato , per esempio, da Facebook (che ora si schiera invece in sua difesa con le parole del CEO Mark Zuckerberg) e da Apple, per le cui ingerenze aveva preferito rinunciare ad avere un’app su iPad e anch’essa ora pronta a dirsi Charlie .

Avrà dalla sua una tiratura senza precedenti di un milione di copie, ed un fondo di 250mila euro racimolati a suo supporto da Google attraverso il suo Digital Press Fund , nonché i denari che riceverà da eBay, che ha promesso di rimettere al giornale tutte le commissioni raccolte per la vendita dei suoi vecchi numeri.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
12 gen 2015
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