Intel e la secolarizzazione della legge di Moore

Intel e la secolarizzazione della legge di Moore

Parlano gli alti papaveri di Santa Clara e spiegano le strategie per assicurare un futuro al più grande chipmaker del mondo: mobile, cloud e sicurezza. Ma anche apertura delle fab ad aziende esterne. E Atom 64bit anche per Android
Parlano gli alti papaveri di Santa Clara e spiegano le strategie per assicurare un futuro al più grande chipmaker del mondo: mobile, cloud e sicurezza. Ma anche apertura delle fab ad aziende esterne. E Atom 64bit anche per Android

Intel vive una fase di trasformazione importante, con i conti che ancora tengono ma un mercato PC in flessione continua sotto i colpi della crisi economica, la concorrenza dei gadget mobile e la sostanziale maturità di componenti sempre più eterni e funzionali sul lungo periodo. Gli alti papaveri del management rassicurano, però, sul fatto che il chipmaker ha un bel po’ di idee su come affrontare il futuro dell’hi-tech nell’infinitamente piccolo: qualunque esso sia.

A parlare agli azionisti è prima di tutto il presidente del consiglio di amministrazione Andy D. Bryant, il quale dispensa considerazioni amare sul fatto che la corporation si trova ora – ironicamente – a pagare gli effetti della validità della legge di Moore: il prezzo della produzione di chip è sceso di pari passo con la miniaturizzazione dei transistor, e ad avvantaggiarsene sono al momento soprattutto i concorrenti che producono integrati per gadget mobile. Intel avrebbe dovuto accorgersi dell’importante cambiamento di mercato in corso perché aveva tutti i dati per farlo, sostiene Bryant, e il presidente si è sentito “personalmente imbarazzato” del fatto che la sua azienda sembrava non avere idea di quello che stava succedendo in un mondo – quello della produzione di microchip su scala globale – che aveva contribuito a creare dal nulla.

Alle difficoltà economiche e strategiche si uniscono naturalmente quelle strettamente tecnologiche, con il passaggio a nodi produttivi sempre più “estremi” che porta con se ritardi imprevisti: una novità nel sin qui oliatissimo meccanismo “tick-tock” dell’evoluzione dei processi produttivi di Santa Clara. Comunque mal comune mezzo gaudio, sostiene Intel: le difficoltà del passaggio ai 14nm sono le stesse per tutti i produttori di chip.

Ulteriori anticipazioni su quello che Intel vuole fare per riprendersi il futuro vengono fornite dal presidente Renée J. James, che guida il gruppo dirigente della azienda assieme al CEO: Santa Clara non si occupa più soltanto di chip ma si espande nel comparto della sicurezza, nel cloud computing e nel mercato dei big data. Si tratta di offrire il silicio con una forte componente software, dice James, e per quanto riguarda il cloud dovrebbe presto arrivare una piattaforma integrata completa.

Brian M. Krzanich, il manager che ha preso il posto di Paul Otellini come chief executive officier (CEO) di Intel, è l’uomo deputato a rendere operativi tutti i cambiamenti che dovranno trasformare Intel: le fab si apriranno ancora di più ai produttori esterni per la realizzazione di chip ad alta sofisticazione tecnologica, spiega Krzanich, e nuovi chip x86 (“Cherry Trail” nel 2014, “Broxton” nel 2015) arriveranno per i gadget mobile con l’obiettivo preciso di quadruplicare il numero di tablet commercializzati nel 2014 fino a 40 milioni di unità.

Gli Atom prossimi venturi verranno ovviamente prodotti a 14nm, mentre per i dispositivi entry-level Intel prepara un progetto SoC ad alto livello di integrazione noto con il nome in codice di “Sofia”. Una caratteristica che la corporation intende sottolineare in particolare è il supporto a un OS pienamente a 64bit non solo per Windows ma anche sul mercato Android. Sul fronte della durata delle batterie il chipmaker ringrazia Apple per una collaborazione che ha portato alle 12 ore e passa dei nuovi MacBook Air.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
25 nov 2013
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