L'advertising si evolve, online

L'advertising si evolve, online

Grosse novità bollono nel calderone dei banner pubblicitari sparati dai principali publisher statunitensi. E sono grosse in tutti i sensi, almeno su schermo. Google, nel frattempo, si butta sul behavioral advertising
Grosse novità bollono nel calderone dei banner pubblicitari sparati dai principali publisher statunitensi. E sono grosse in tutti i sensi, almeno su schermo. Google, nel frattempo, si butta sul behavioral advertising

Il futuro dell’advertising è grande, grosso, enorme: i membri della Online Publishers Association hanno in programma di aggiornare, nel corso dei mesi a venire, gli standard con cui vengono attualmente somministrate le pubblicità visuali sui rispettivi siti web, nel tentativo di strappare lo scettro dei guadagni all’advertising contestuale del search di Google e aumentare i ricavi rastrellati su ogni singolo banner.

Del fatto che il futuro della pubblicità on-line debba essere in qualche modo extra-large ne è d’altronde convinta anche la suddetta Google, che ha recentemente rinnovato le modalità di somministrazione dei programmi AdWords e AdSense. Il piano di OPA riguarda però non un motore di ricerca ma qualcosa come 27 diversi publisher USA, i quali gestiscono il 66 per cento del market share domestico.

Colossi del calibro di BusinessWeek , The New York Times , Time , USA Today e parecchi altri si sono dunque trovati d’accordo sul rinnovo dell’advertising web gestito in proprio arrivando a sintetizzare tre nuove modalità di visualizzazione dei banner. Vale a dire: Fixed Panel , dimensioni raccomandate di 336×860 e integrazione “naturale” nel layout della pagina, scorre in su o in giù in corrispondenza dello scrolling da parte dell’utente; XXL Box , 468×648 pixel, dotato di funzionalità video e della capacità di “girare” le pagine con gli ads; Pushdown , colosso da 970×418 pixel che fagocita automaticamente la pagina web alla sua apertura per poi ritrarsi verso l’alto.
I tre formati sono stati studiati apposta per massimizzare i profitti utilizzando un numero inferiore di unità di advertising , e nelle intenzioni di OPA permetteranno alle agenzie pubblicitarie di sbizzarrirsi con campagne creative e, almeno in teoria, più efficaci nel catturare l’attenzione dell’utente-visitatore occasionale.

Passando dalla teoria alla pratica, i giga-banner extra-lusso dovranno fare conti non esattamente facilissimi con l’esperienza web offerta ai suddetti utenti-visitatori, che potrebbero anche non apprezzare l’invasione dello schermo e del browser : una ricerca condotta di recente ha evidenziato che il 59 per cento dei netizen ha messo una croce nera su un sito web perché esagerato nel sollecitare l’attenzione nei confronti di campagne pubblicitarie sguaiate e invadenti.

Pam Horan, presidente di OPA, sostiene d’altronde che i nuovi standard dell’advertising web siano più una raccomandazione che un nuovo standard da adottare a tutti i costi, al contrario di quanto invece si pretenderebbe da parte dei “puristi” dell’ Interactive Advertising Bureau , che al contrario vedono nel coinvolgimento di così tanti nomi importanti del publishing una “massa critica” che segnerà il successo dell’iniziativa. Su un punto sono tutti d’accordo, è cioè sul fatto che in realtà l’advertising web non abbia nemmeno cominciato a intaccare la superficie delle possibilità offerte dal mezzo , che non è ancora riuscito a raggiungere la stessa capacità di promozione dei brand che attualmente è propria di altri mezzi di comunicazione come la TV e la carta stampata nonostante offra le stesse possibilità e anche molto, molto di più.

Queste possibilità aggiuntive, nella fattispecie la capacità di raggiungere l’utente-visitatore-spettatore con campagne mirate sui suoi gusti, le sue abitudini di surfing e il tipo di contenuti in streaming proposti sulle pagine personali all’interno dei maggiori portali di social networking, sono tra l’altro oggetto di interesse da parte di chi sull’advertising ci ha costruito un business, nella fattispecie Auditude e Google.

La prima società, specializzata in una tecnologia in grado di identificare il tipo di contenuti video e associarvi un annuncio pertinente, ha ottenuto fondi di investimento per 10,5 milioni di dollari ed è già in affari con MySpace ed MTV Networks per la somministrazione dei suddetti annunci contestuali. Si tratta, a dire del CEO di Audite Adam Cahan, della maggiore opportunità di business attualmente esistente sul web perché l’80 per cento dei navigatori guarda i video on-line ma pochissimi hanno trovato il modo di far profittare questa massa critica di utenza.

Anche Google si muove per sfruttare territori (quasi) inesplorati delle inserzioni online, occupandosi nel caso specifico di behavioral advertising basato sui cookie traccianti installati sulle macchine degli utenti. Nulla che debba preoccupare i difensori della privacy dei netizen, rassicura Mountain View, perché i profili non vengono costruiti sulla base di dati sensibili e c’è sempre la possibilità di fare opt-out e chiamarsi fuori dalla schedatura pubblicitaria di massa.

D’altronde le pratiche di advertising personalizzato sui gusti personali non sembrano essere di particolare fastidio agli utenti, e la Federal Trade Commission (FCC) statunitense ha in pratica già sdoganato il behavioral advertising pubblicando un codice di condotta a cui i publisher interessati sono tenuti a conformarsi per poter operare.

La nuova modalità di “pubblicità basata sugli interessi” di Google è attualmente in stato di beta, e si incaricherà di costruire profili specifici per gli utenti che hanno usufruito dei banner del programma AdSense o hanno visualizzato video su YouTube. Nel primo caso il sistema prende decisioni sulla base di preferenze espresse in passato, somministrando ad esempio banner specifici sui saldi invernali per l’abbigliamento sportivo se l’utente ha cercato calzature nell’estate precedente.

Nel secondo, invece, gli interessi presi in esame sono classificati per categorie, e si basano sul tipo e la quantità di video visualizzati sul portale di videocondivisione e i siti visitati all’interno del network di Google. Su YouTube si accede spesso a video su auto e automobilismo? Si verrà allora inseriti all’interno della categoria di appassionati di automobili e da quel momento in poi l’advertising su YouTube e sui siti partner del programma AdSense di Mountain View sarà prevalentemente di tipo automobilistico.

“Crediamo che la pubblicità possa essere una fonte di informazione di valore, in grado di connettere le persone a prodotti, servizi e idee interessanti e utili per loro”, spiega Francesca Mortari di Google Italia, in una nota: “Rendendo gli annunci pubblicitari più rilevanti per gli utenti e migliorando il collegamento tra loro e gli inserzionisti, possiamo creare valore aggiunto per entrambe le parti. Basandoci sui reali interessi degli utenti pensiamo di poter rendere l’advertising online ancora più pertinente e utile”.

Per spiegare meglio il funzionamento del suo advertising comportamentale, Google ha anche preparato un video informativo su YouTube, e per rendere trasparente il nuovo regime la corporation ha deciso di dare agli utenti la possibilità di gestire le modalità di somministrazione degli ads attraverso il centro Gestione delle Preferenze Annunci , raggiungibile anche attraverso la homepage del portale, dalle pagine di YouTube e dai link “ads by Google” caratteristici degli ad somministrati da Mountain View.

L’infrastruttura è già in piedi, ma il programma di advertising comportamentale partirà lentamente, con la dicitura di beta e il coinvolgimento di un numero ristretto di inserzionisti negli States e in Europa. Dopo AdSense toccherà poi al programma AdWords entrare a far parte del nuovo regime entro la fine del 2009. Oltre a poter gestire le modalità con cui Google profilerà le abitudini di navigazione, gli utenti potranno fare opt-out e scegliere di venire esclusi dal programma: a quel punto il sistema depositerà un cookie nel browser per ricordare la scelta. Tale cookie dovrà poi essere ricreato dopo una sua eventuale cancellazione.

Se la scelta di Google di fornire agli utenti il pieno controllo sulle nuove modalità di advertising viene apprezzata in maniera unanime, la discussione ora si sposta sulle conseguenze che la scelta di Mountain View avrà su chi fino a ora ha utilizzato AdWords e AdSense per la pubblicità sul proprio sito web . In questo caso non tutti potrebbero essere disposti a fornire a Google un accesso così diretto e privilegiato alle abitudini di navigazione degli utenti.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 12 mar 2009
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