PA digitale, segnali nel fumo

PA digitale, segnali nel fumo

Il 2015 ha interrotto il trend negativo che durava da anni nella spesa digitale della Pubblica Amministrazione. I dati Assinform
Il 2015 ha interrotto il trend negativo che durava da anni nella spesa digitale della Pubblica Amministrazione. I dati Assinform

Assinform ha fotografato la situazione relativa alla spesa ICT della Pubblica Amministrazione , evidenziando che per quanto il 2015 abbia in un certo senso invertito la tendenza del passato non è ancora stato fatto abbastanza per il settore.

D’altra parte, come ha affermato Agostino Santoni, presidente Assinform, alla presentazione dei dati: “La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione è la sfida degli italiani. Non è una sfida facile, per i vincoli di bilancio e le competenze da mettere in campo. Ma è da raccogliere e da vincere, perché l’innovazione della pubblica amministrazione è essenziale sia per la qualità della vita, sia per avere un contesto utile a fare impresa, formare capitale umano, abbracciare un progetto-paese”.

I nuovi dati, raccolti da Assinform con NetConsulting e Osservatorio Netics in collaborazione con l’Agenzia per l’Italia Digitale e con il sostegno di Consip, InfoCamere, Poste Italiane e TIM, hanno messo infatti in luce che la spesa ICT complessiva delle Pubbliche Amministrazioni è stata di 5.571 milioni di euro al netto delle spese per il personale e dell’IVA: si tratta di una ripresa, seppur di appena 0,5 punti percentuali , rispetto ad un passato che aveva visto un costante calo degli investimenti (meno 3,6 per cento nel 2012, meno 2,7 per cento nel 2012 e meno 1,7 per cento nel 2014).

Nel dettaglio, poi, i numeri suggeriscono che sia stata in particolare la spesa nell’informatica a trainare (3.456 milioni, più 1,6 per cento), mentre quella in telecomunicazioni è continuata a contrarsi per effetto di una pluralità di fattori: dal calo delle tariffe alla diffusione del VoIP, all’incidenza su questa componente delle nuove procedure di acquisto. In generale, per quanto riguarda le dotazioni tecnologiche, emergono una buona diffusione degli strumenti base (PC, accessi Internet, strumenti di TLC) in tutte le Amministrazioni e una copertura applicativa oramai quasi totale per le funzioni interne.

Per quanto riguarda i settori, è in particolare la sanità a trainare la spesa con 1.163 milioni di euro (più 2,8 per cento), seguita dalla Scuola e l’Università con 358 milioni (più 2,5 per cento) e dall’ amministrazione centrale : nella PA centrale gioca un ruolo rilevante il ricorso all’SPC (Sistema Pubblico di Connettività) e la fatturazione elettronica che ora interessa il 93,3 per cento delle fatture ricevute, mentre per la Sanità Pubblica pesano soprattutto – in coincidenza della conclusione del ciclo settennale di finanziamenti – i fondi europei nelle regioni del Sud.

Come spiega Paolo Colli Franzone, presidente di Netics: “In realtà la spesa è cresciuta solo grazie ai residui fondi europei che le Regioni meridionali e il Lazio dovevano ancora smaltire. Alcune delle altre hanno addirittura ridotto gli investimenti”.

Meno bene fanno infatti le Regioni e le Amministrazioni Locali che continuano il trend negativo (le prime segnano un meno 0,5 per cento, le secondo un meno 1,9 per cento, ovvero 695 milioni di euro totali), non riuscendo dunque ancora a dotarsi di quei strumenti (e di quelle competenze) necessarie a rispondere alle esigenze digitali dei cittadini: nonostante 17 tra Regioni e Province Autonome hanno realizzato l’Anagrafe Sanitaria Unificata, le rimanenti la stanno solo sperimentando, i CUP Regionali sono attivi solo in 14, parzialmente operativi in 4 e del tutto assenti in due (Puglia e Calabria) e il Fascicolo Sanitario Elettronico ( FSE ) è ora operativo in appena 7 Regioni (Puglia, Sardegna, Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Valle d’Aosta, Trentino, con Piemonte, Liguria, Veneto, Friuli, Umbria, Marche, Lazio, Molise, Abruzzo, Basilicata attualmente in fase di implementazione).

Su questo punto preme il dg di Agid Antonio Samaritani, che attraverso un piano di riorganizzazione e razionalizzazione di infrastrutture, infrastrutture immateriali ed ecosistemi conta di far risparmiare (come già sta facendo con le Amministrazione centrali) 800 milioni a Comuni e Regioni: in attesa che il piano entri in vigore, è stata varata la circolare Agid che stabilisce le modalità di acquisizione di beni e servizi ICT che dovrebbe indicare la strada corretta da seguire per registrare risparmi.

Sempre Santoni ha sottolineato tuttavia che bisogna guardare al lato positivo: “Non si guarda più all’ICT per digitalizzare una PA immutabile, ma al suo utilizzo per ridisegnarne l’organizzazione e il funzionamento. È a partire da questa nuova sensibilità, già visibile nella Scuola, nella Sanità e in altri ambiti della PA Centrale, che occorre accelerare, concentrandosi sulle componenti del Piano per la Crescita Digitale a maggiore impatto: rapida diffusione di SPID, sviluppo di altre piattaforme digitali a partire dalla cultura e dal turismo, valorizzazione del patrimonio dati della PA, e razionalizzazione dei data center ed evoluzione delle applicazioni per abbattere i costi correnti e puntare su nuove modalità di fruizione dell’ICT, a partire dal cloud”.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il 14 lug 2016
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