Surface Duo è la chiave per capire il futuro di Microsoft e di Windows

Surface Duo è la chiave per capire Microsoft

Nel lancio di Surface Duo è possibile leggere chiari segnali del futuro di Microsoft: oltre Windows, verso Microsoft Graph, mano nella mano con Android.
Surface Duo è la chiave per capire Microsoft
Nel lancio di Surface Duo è possibile leggere chiari segnali del futuro di Microsoft: oltre Windows, verso Microsoft Graph, mano nella mano con Android.

Microsoft ha presentato la nuova linea Surface e questo lo sappiamo. Microsoft ha presentato anche il suo nuovo smartphone, Surface Duo, e sappiamo anche questo. Ma se non si va oltre l’apparenza scintillante delle presentazioni, ci si perde la parte importante del discorso: dietro Duo, infatti, c’è molto di più. Dietro al Surface Duo v’è il futuro stesso di Microsoft, a ben guardare. Non arriverà tra un mese, forse nemmeno tra un anno: servirà una lenta transizione, i cui meccanismi si sono però già messi in moto da tempo. Fin qui la scommessa di Nadella è stata vinta, ma ora inizia il secondo tempo. Quello più importante. Ecco perché.

Cos’è Duo?

La stessa Microsoft si ostina a sottolineare come non sia uno smartphone, non sia un tablet, non possa essere chiamato phablet, ma nemmeno mini-laptop. Perché? Perché, semplicemente, è un Surface ed in quanto tale ambisce a qualcosa di differente che non possa essere imbrigliato in categorie predeterminate. Leggere Surface Duo sfruttando i paradigmi odierni del mobile, quindi, non solo è profondamente sbagliato, ma è anche profondamente fuorviante.

Questo non significa che Surface sia necessariamente una vittoria, una visione celestiale, un verbo fatto carne o chissà cos’altro: semplicemente, per giudicare Duo occorre partire da presupposti differenti poiché differenti sono principi e ambizioni. Se Microsoft voleva fare uno smartphone, del resto, sarebbe partito dalle basi: fotocamera muscolare sul posteriore, cornici invisibili sul frontale, hardware di altissimo profilo e interfaccia grafica really-Windows.

Cosa? Lo ha già fatto tempo fa, perdendo la propria battaglia? Esatto. E chi oggi legge la situazione con questi paradigmi sta compiendo lo stesso errore compiuto da Steve Ballmer anni fa, con l’aggravante del vantaggio concesso dal senno del poi.

Duo invece ha un form factor diverso, non ha fotocamere se non una interna e non certo preponderante, gira su Android, si piega pur ignorando l’idea del display flessibile e quindi sostanzialmente non fa nulla di tutto quel che ci si aspetterebbe da uno “smartphone”. Microsoft infatti, intelligentemente, scappa. Scappa in avanti, sperando di indovinare la strada giusta. Prova a far la lepre visto che ad inseguire non ne è capace. Come lo fa? Con l’opzione dual screen.

Dual screen come cambio di paradigma

Dual screen non significa soltanto ampliare il display: lo avevano già fatto altri prima (ZTE, LG e altri), del resto. Dual screen, semmai, significa moltiplicare le possibilità per far sì che si possa generare un’esperienza mobile nuova, diversa, più ricca. In questa dimensione si gioca e si produce, si passa da Office alla Xbox, passando generalmente per il cloud non appena possibile.

Surface Neo e Surface Duo

Nella dimensione dual screen c’è un mondo Android più ricco, dove il plus è esattamente made in Redmond. Il come non è ancora chiaro fino in fondo, ma in parte lo ha spiegato Panos Panay, Chief Product Officer Microsoft, dapprima in sede di presentazione e poi ai microfoni di The Verge. Il senso delle sue parole è:

  • la gente vuole app, alla gente daremo app
  • la gente vuole Android, noi le daremo Android
  • la gente vuole un’esperienza ricca, noi le daremo la più ricca delle esperienze

Ohibò, quindi siamo di fronte al canto del cigno di Windows? No, tutt’altro. Ma c’è qualcosa di più importante nel futuro di Microsoft.

Android come completamento di Windows

Microsoft non vuole fare un nuovo Windows Phone perché ha in mente qualcosa di ben diverso. Laddove in passato ha fallito, infatti, oggi apre la porta a chi ha vinto (Android) ed offre il calumet della pace. Di fronte a questa apertura offre anche un’opportunità: perché non mettersi a sedere di fronte ai vantaggi che una collaborazione potrebbe aprire? Il processo è iniziato 3 anni or sono con la progettazione di Duo, fianco a fianco con Google, ma i risultati emergono soltanto ora. Nel frattempo Microsoft ha iniziato a lavorare su Chromium con il proprio browser Edge e ha iniziato a lavorare su Android per dar linfa fondamentale al proprio Microsoft Graph. Questa pagina è un punto di partenza insospettabile, insomma.

Ma se il futuro è in Microsoft Graph, per Windows 10 siamo di fronte ad un vicolo cieco? “No, no, no, no, no, no, no, no“: Panay lo ripete otto volte di fila, giusto per evitare fraintendimenti: tutto quel che non è Android, sarà Windows; tutto quel che non sarà Windows, sarà Android. Le due piattaforme, nella visione di Microsoft, saranno realtà non solo complementari, ma anche in grado di arricchirsi a vicenda. Il collante lato-Microsoft sarà proprio in quel Microsoft Graph che consentirà la piena interazione degli utenti Android con i software di Redmond. Windows non muore, ma non è più al vertice della piramide ideale della visione di Nadella:

Il modo in cui le persone scriveranno app per Duo e Neo avrà molto più a che fare rispetto al modo in cui svilupperanno app per Windows o per Android, perché sarà qualcosa di relativo a Microsoft Graph.

Microsoft Graph è il punto di congiunzione, laddove Microsoft intende estendere il saldo perimetro di Windows. La linea Surface è già stata sviluppata su questo mantra: Windows 10 sul laptop tradizionali, Windows 10X sui dual screen in stile Surface Neo, Android su Duo.

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E in futuro il confine sarà probabilmente sempre più sfumato. Che questa idea possa essere o meno vincente, lo dirà il tempo. Che questa idea possa essere giudicata con le parole e i ragionamenti con cui si giudicano gli smartphone, invece, è approccio del tutto sbagliato. Il tema è ben più alto e complesso, insomma: Microsoft non ha solo annunciato Duo, ma ha annunciato la propria stessa idea di futuro.

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Pubblicato il 4 ott 2019
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