Privacy, Erdogan denuncia la Turchia

Privacy, Erdogan denuncia la Turchia

La revoca dei blocchi imposti su Twitter rappresenta una violazione del diritto alla privacy del primo ministro e dei suoi familiari: Erdogan chiede un rimborso al paese che governa
La revoca dei blocchi imposti su Twitter rappresenta una violazione del diritto alla privacy del primo ministro e dei suoi familiari: Erdogan chiede un rimborso al paese che governa

Il primo ministro turco Erdogan ha combattuto con ogni mezzo per arginare il diffondersi delle intercettazioni che hanno rivelato al mondo le trame che si intessono nei palazzi del potere: con il supporto dell’autorità locale che presiede alle telecomunicazioni ha tentato di bloccare Twitter, ha reso inaccessibile YouTube. Nonostante le leggi approvate dalla Turchia per tutelare la privacy e la sicurezza nazionale sopra ogni cosa, la Corte Costituzionale aveva ordinato l’abbattimento dei filtri su Twitter: ora Erdogan ha denunciato il paese che governa.

Chiede 50mila lire turche, poco meno di 17mila euro, a titolo di compensazione per i danni subiti con la revoca del blocco del social network: il diritto alla privacy suo e dei suoi familiari sarebbe così stato calpestato dalla pubblicazione di alcune intercettazioni rilanciate dai netizen su Twitter e, denuncia Ergogan, artefatte per alimentare le illazioni riguardo alla sua condotta politica. Il primo ministro, scegliendo di adire la Corte Costituzionale contro il proprio paese, ha imboccato dunque una strada mai battuta e, secondo gli osservatori, potenzialmente illegale : a parere dei vertici dell’associazione turca degli avvocati, che già si era espressa riguardo all’inopportunità dei blocchi, per tentare di far valere le proprie ragioni Erdogan avrebbe potuto denunciare l’autorità che ha materialmente ordinato agli ISP di sospendere i filtri, o avrebbe potuto piuttosto denunciare Twitter.

Il confronto diretto con Twitter è già stato avviato dalla Turchia, ma non ha finora dato i frutti sperati dal primo ministro: la piattaforma di microblogging si è dimostrata disposta a innescare i propri filtri selettivi su tre account giudicati illegali nel paese, ma non si è piegata a collaborare con le autorità rispetto alle richieste avanzate da Ankara in materia di tasse.

Il social network, inoltre, ha reso noto di non essere disposto a cedere sulla privacy dei propri utenti: Erdogan si sentirà danneggiato dall’esposizione della propria vita privata, ma non per questo Twitter consegnerà i dati riguardo ai propri utenti, non senza l’ordine di un tribunale.

Gaia Bottà

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Pubblicato il 24 apr 2014
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