26 punti per il Governo Conte-bis: tra i temi anche sostenibilità e digitale

Sostenibilità e digitale nei 26 punti del Governo

Tra i 26 punti della bozza di Governo su cui M5S e PD stanno ipotizzando il Conte-bis compaiono temi del digitale e sostenibilità: li abbiamo analizzati.
Sostenibilità e digitale nei 26 punti del Governo
Tra i 26 punti della bozza di Governo su cui M5S e PD stanno ipotizzando il Conte-bis compaiono temi del digitale e sostenibilità: li abbiamo analizzati.

Sul “Blog delle Stelle” del Movimento 5 Stelle è stato pubblicato in giornata il programma di Governo (pdf) nel quale è stata abbozzata l’intesa tra il Movimento e il Partito Democratico nell’ottica di riuscire a formare un Governo Conte-bis. Il programma è necessariamente vago per diversi motivi (non da ultimi il poco tempo a disposizione e la necessità di smussare ogni spigolo in questa fase di complesso avvicinamento tra le parti). La bozza è datata 3 settembre ed è pertanto quella che in queste ore gli utenti di Rousseau stanno votando sull’omonima piattaforma all’interno del quesito da cui passano le sorti del nuovo esecutivo.

Nella bozza ci sono complessivamente 26 punti, sintesi ed elaborazione delle proposte fin qui avanzate dai due partiti. Alcuni punti sono interessanti e indicativi di quella che sarà la linea del nuovo Governo, ma nel mirino non ci sono soltanto immigrati ed economia (principali snodi della campagna elettorale). C’è dell’altro, punti che anche in questa sede è importante segnalare.

Governo M5S-PD: il programma in 26 punti

Sostenibilità

Occorre realizzare un Green New Deal, che comporti un radicale cambio di paradigma culturale e porti a inserire la protezione dell’ambiente tra i principi fondamentali del nostro sistema costituzionale. Tutti i piani di investimento pubblico dovranno avere al centro la protezione dell’ambiente, il ricorso alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversità e dei mari, il contrasto dei cambiamenti climatici. Occorre adottare misure che incentivino prassi socialmente responsabili da parte delle imprese. Occorre promuovere lo sviluppo tecnologico e le ricerche più innovative in modo da rendere quanto più efficace la “transizione ecologica” e indirizzare l’intero sistema produttivo verso un’economia circolare.

A livello meramente testuale, si tratta del punto di programma più corposo ed elaborato, come se possa diventare fulcro della nuova alleanza e perno ideologico dell’attività di Governo. Incentrare sulla sostenibilità le attività dello Stato significa orientare ogni singolo provvedimento a questa specifica sensibilità. Non si tratta soltanto di iniziative legislative mirate, ma di una più generale attenzione alla sostenibilità come aspetto imprescindibile di ogni decisione. Una scelta coraggiosa e sfidante, che accarezza le nuove sensibilità ecologiste che stanno emergendo a seguito degli allarmi climatici che vanno susseguendosi. Una scelta che diventa linea politica, quindi, nonché cerniera potenzialmente in grado di cementare il patto tra le due parti del prossimo (se vidimato da Rousseau) Governo.

Mobilità

Occorre potenziare le politiche sul dissesto idrogeologico, per la riconversione delle imprese, per l’efficientamento energetico, per la rigenerazione delle città e delle aree interne, per la mobilità sostenibile e per le bonifiche. Bisogna accelerare le procedure di ricostruzione delle aree terremotate.

Il testo cita la “mobilità sostenibile” come strumento da perseguire. Non c’è altro, dunque va inteso un maggiorato sforzo verso la mobilità elettrica e le nuove forme di trasporto intelligente che vadano a scoraggiare l’uso di mezzi proprietari a maggior impatto ambientale. Un cenno vago, insomma, pur nel contesto di una soluzione che viene valutata da ambo le parti come utile da perseguire fin dai prossimi anni.

Banda larga?

Sono necessari investimenti mirati all’ammodernamento delle attuali infrastrutture e alla realizzazione di nuove infrastrutture, al fine di realizzare un sistema moderno, connesso, integrato, più sicuro, che tenga conto degli impatti sociali e ambientali delle opere.

Nel capitolo dedicato alle infrastrutture il programma parla di un sistema “moderno, connesso, integrato”. Nella parola “connesso” riusciamo a leggere più che altro un impegno ulteriore nelle infrastrutture per la banda larga, sulle quali già si sta lavorando alacremente negli ultimi anni nel tentativo di colmare il digital divide rispetto al resto dell’Europa. Occorre rimanere però nell’alveo delle ipotesi, poiché il testo non sembra chiarire troppo l’obiettivo perseguito.

Cittadinanza digitale

Per favorire l’accesso alla piena partecipazione democratica, all’informazione e la trasformazione tecnologica, la cittadinanza digitale va riconosciuta a ogni cittadino italiano sin dalla nascita, riconoscendo – tra i diritti della persona – anche il diritto di accesso alla rete.

Il concetto di “cittadinanza digitale” è un concetto che oggi annida nel progetto dello SPID, ma che con il nuovo Governo si vorrebbe elevare a vero e proprio diritto del cittadino fin dalla sua nascita: accreditare un cittadino con una sua identità digitale significa attribuirgli diritto di accesso alla rete e facilità di accesso ai servizi online che la PA andrà ad elargire. Un richiamo complesso e ambizioso, che difficilmente potrà essere realizzato in seno alla legislatura in corso, ma che il Conte-bis potrebbe almeno lasciare come eredità ai futuri Governi.

Digitalizzazione della PA

Il progetto di innovazione e digitalizzazione della P.A. costituisce una misura particolarmente efficace per contribuire allo sviluppo e alla crescita economica e culturale del Paese.

Questo è un punto che qualsiasi partito oggi presente in Parlamento andrebbe a condividere ad occhi chiusi. Discorso differente è il “come”, perché ognuno sembra avere una visione differente in merito. Gran parte della responsabilità su quanto andrà ad accadere nel prossimo futuro sembra ricadere ora direttamente su Giuseppe Conte, poiché dapprima il Team per la Trasformazione Digitale è stato assoggettato direttamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, quindi la riorganizzazione della struttura (sotto forma di Dipartimento per la Trasformazione Digitale) è stata pubblicata in attesa delle nomine che seguiranno all’attribuzione del mandato di Governo da parte del Presidente Mattarella.

La trasformazione digitale del Paese passerà quindi presumibilmente per Conte e per uomini di sua fiducia che prenderanno in mano questa difficile sfida, con il dovere di esprimere al meglio quanto di buono il team Piacentini/Attias ha fin qui creato. E dando chiaramente continuità alla carica innovativa fin qui messa in campo.

Su questo fronte lo scontro è spesso relativo al modello da improntare: un ministero ad hoc, sottosegretari dedicati, una struttura centralizzata o un team esterno? Inevitabilmente il discorso sul modello scivola su nomi e consulenze, stemperando veleni incrociati tra gli addetti ai lavori. Entrambe le formazioni del prossimo – possibile – Governo hanno comunque nomi all’altezza dell’incarico, dunque a prescindere dai sospetti sui poltronifici, può rimanere vivo l’auspicio di una squadra che sia realmente in grado di far cambiare marcia alla Pubblica Amministrazione nell’inseguimento della Trasformazione Digitale.

New economy

Occorre concentrarsi sull’equità fiscale, la portabilità dei dati, i diritti dei lavoratori digitali (cosiddetti riders), i modelli redistributivi che incidono sul commercio elettronico, sulla logistica, sulla finanza, sul turismo, sull’industria e sull’agricoltura.

C’è di tutto in questo punto: la portabilità dei dati come elemento facilitante per la burocrazia; i diritti nella gig economy come eredità dei ministeri di cui si è occupato Luigi Di Maio; i modelli redistributivi legati all’ecommerce come necessaria focalizzazione su un fenomeno che permea sempre più a fondo l’economia e la società. Poche parole per ambizioni di altissima portata, insomma, da cui potrebbe scaturire la vera impronta politica del Governo sui temi del lavoro.

Webtax

Occorre introdurre la web tax per le multinazionali del settore che spostano i profitti e le informazioni in Paesi differenti da quelli in cui fanno business.

Un tema ormai di vecchia data, sul quale le parti in causa potrebbero trovare un accordo per agire presto: dal PD, si sa, c’è da tempo una richiesta di azione su questo fronte; dalle fila del M5S potrebbe emergere medesima sensibilità. Siccome l’Europa latita e la Francia nel frattempo si muove in autonomia, anche l’Italia potrebbe quindi accelerare i tempi (l’opposizione su questo punto potrebbe essere peraltro più debole che non su altre questioni). La strada per la Webtax potrebbe dunque essere lastricata di opportunità, mai come in questa occasione: resta da capire se il dialogo con l’UE possa portare ad azioni più ampie e logiche che non ad un invervento abbozzato e isolato, sicuramente meno impattante e generalmente inopportuno. Conte avrà però a disposizione due numeri di telefono con cui dialogare sul tema: David Sassoli al Parlamento Europeo e Ursula von der Leyen alla Commissione. E in entrambi i casi ci saranno ottimi argomenti per instaurare un dialogo proficuo: chissà se si parlerà anche di Webtax, magari di italiana ispirazione.

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Pubblicato il
3 set 2019
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