Alcune notizie più di altre vanno riportate per ciò che sono, cercando di non suggerire alcuna interpretazione, limitandosi a proporre una versione dei fatti il più possibile asciutta e trasparente, aderente alla realtà, così che chi legge possa creare da sé un’opinione di quanto accaduto. È il caso di YEEZY ed è ciò che proverò a fare in questo articolo.
Kanye West e il caso YEEZY
Nella notte italiana tra domenica e lunedì è andato in scena il Super Bowl, l’evento sportivo più seguito al mondo. Tra gli spot trasmessi, uno ha fatto più rumore di quello realizzato da OpenAI per promuovere ChatGPT. Dura 30 secondi e vede Kanye West sdraiato sul lettino di uno studio dentistico.
Niente effetti speciali, nessun montaggio ricercato: solo la fotocamera dello smartphone puntata addosso, un’inquadratura verticale e poche parole.
Allora, come va ragazzi? Ho speso tutti i soldi dello spot per questi nuovi denti. Così, devo di nuovo girarlo con l’iPhone… Andate su yeezy.com.
In questo momento, l’indirizzo restituisce un errore (Questo store non è disponibile
), ma fino a poche ore fa ospitava uno solo articolo in vendita, una maglietta con la svastica, contrassegnata dal nome in codice HH-01 e proposta al prezzo di 30 dollari.
Come riportato dalla redazione del sito The Logic, Shopify avrebbe deciso di mettere offline lo store non per la natura del capo d’abbigliamento proposto, ma per aver individuato il potenziale pericolo di frode. A renderlo noto una nota circolata internamente.
Va segnalato che, fino alla trasmissione dello spot durante il Super Bowl, lo store yeezy.com proponeva altri articoli. È stato poi sostituito per intero con una tempistica strategica, lasciando la t-shirt come unico prodotto disponibile.
Non è la prima volta che un’iniziativa di Kanye West fa discutere per i suoi riferimenti al nazismo. Nel 2022 è stato sospeso da X con un intervento diretto di Elon Musk, sempre per aver pubblicato una svastica (in quel caso sovrapposta alla stella di David). Per un’uscita del tutto simile, negli stessi mesi ha dovuto rinunciare all’acquisizione del social network Parler.