Apple, 10 anni di Mac OS X

Apple, 10 anni di Mac OS X

di D. Galimberti - Una galoppata tra tutto quanto è stato e poi ancora sarà il sistema operativo che ha segnato la definitiva rinascita di Apple. Il successo di Cupertino passa anche dall'abbandono, periodico, della legacy
di D. Galimberti - Una galoppata tra tutto quanto è stato e poi ancora sarà il sistema operativo che ha segnato la definitiva rinascita di Apple. Il successo di Cupertino passa anche dall'abbandono, periodico, della legacy

Dopo il racconto della storia di Apple in occasione dei 20 anni di Macintosh , e la successiva cronistoria di Mac OS , quest’anno vorrei porre l’attenzione su Mac OS X, visto che il 24 marzo di 10 anni fa veniva rilasciata la prima versione di questo sistema operativo.

A dire il vero già l’anno precedente Apple aveva rilasciato una “public beta” di Mac OS X, in parte per mantenere l’impegno di rilasciare il nuovo sistema nell’anno 2000, e in parte per sondare le impressioni degli utenti che avrebbe dovuto traghettare verso un cambio radicale di abitudini. Inoltre dieci anni fa Apple stava iniziando la ripresa, e Microsoft si apprestava a lanciare uno dei sistemi operativi di maggiore successo commerciale: Windows XP . Lo scontro era inevitabile, per cui Apple doveva dimostrare di arrivare “prima” di Redmond nella corsa all’innovazione e Mac OS X rappresentava un passo importante di questa sfida perenne.

Soprattutto perché negli anni precedenti aveva perso terreno, investendo risorse in progetti che non vennero mai portati a termine: il fantomatico progetto Copland .

Mac OS X è fondamentalmente costituito da Darwin (sistema che Apple ha realizzato partendo da un Microkernel Mach e da FreeBSD ) e da Aqua , l’interfaccia grafica del sistema operativo. L’architettura nasce in NeXT (l’azienda fondata da Jobs dopo la sua dipartita da Apple nel 1985, che confluì poi nella casa della Mela quando lo stesso Jobs vi rientrò nel 1996), e il progetto iniziale, dal nome in codice Rhapsody, poteva girare sia su PowerPC che su Intel. Sopra il kernel FreeBSD/Mach di cui abbiamo già parlato avrebbero trovato posto una Yellow Box per far girare applicazioni native basate sulle librerie OpenStep (di derivazione NeXTSTEP ), una Blue Box per far girare le applicazioni Mac OS (nel caso di hardware PowerPC) e una Red Box , mai confermata da parte di Apple, dove far girare le applicazioni Windows (nel caso di hardware Intel).

Questa concezione non incontrò il parere degli sviluppatori, quindi Apple decise di introdurre delle modifiche radicali nella struttura del nuovo sistema, così da andare incontro alle esigenze di chi avrebbe poi dovuto creare il software: a fianco della Yellow Box (divenuta Cocoa ) e la Blue Box (l’ambiente classic sparito col passaggio ad Intel), Apple sviluppò una serie di librerie denominate Carbon , che avrebbero fatto da ponte tra il vecchio sistema e il nuovo: un’applicazione sviluppata appoggiandosi su queste librerie poteva girare nativamente sia in Mac OS 9, che in Mac OS X. Inoltre vennero aggiunte una serie di servizi per le applicazioni e tecnologie derivate dal vecchio sistema: QuickTime, ColorSync, motori per il PDF (Quartz), OpenGL ecc. A cappello di tutto ciò una nuova interfaccia grafica: AQUA .

A cinque anni dal rientro di Jobs, Apple sfornò quindi un sistema operativo che segnava un nuovo punto di partenza per la società della mela morsicata e oggi, a 10 anni di distanza, possiamo intravedere i segni di un ulteriore passo verso una nuova concezione del sistema.

Ma procediamo con ordine.

La prima versione di Mac OS X (nome in codice Cheetah) divise da subito gli utenti tra chi era entusiasta della nuova architettura del sistema, e chi non poteva fare a meno di evidenziarne i difetti, soprattutto quando c’erano di mezzo applicazioni professionali (che se non erano ancora state riscritte in Carbon dovevano girare in un Mac OS Classic “simulato”), o la gestione di hardware non ancora supportato dal nuovo sistema. Tra le lacune più grandi: l’impossibilità di masterizzare, l’assenza di un DVD player, e la lentezza della nuova interfaccia, che era ancora ben lontana dall’essere ottimizzata. Non mancano poi alcune differenze rispetto al precedente sistema che fanno storcere il naso a molti utenti: dal cestino che è stato spostato nel dock (altra novità dell’interfaccia), al menù Mela che ha perso tutte le precedenti possibilità di personalizzazione (menù Mela che nella versione beta non era nemmeno presente).

Nonostante tutto Mac OS X si fa apprezzare, e chi non necessita di soddisfare particolari esigenze professionali può tranquillamente iniziare ad utilizzarlo come sistema principale: anche perché l’ambiente Classic è sempre pronto, e all’occorrenza è possibile riavviare la macchina col vecchio sistema. In ogni caso non passa molto tempo prima che Apple rilasci la versione 10.1, nome in codice Puma: a settembre dello stesso anno, chi ha comprato la prima versione di Mac OS X può accedere gratuitamente al primo major update , che colma le principali mancanze della prima versione (da molti considerata poco più che una beta) e porta anche un sensibile incremento della velocità.

Fatto il primo passo, cioè la creazione di un sistema di base sufficientemente affidabile, la strada intrapresa da Apple diventa quella di aggiungere nuove funzioni a Mac OS X. L’ottimizzazione spinta arriverà molto più avanti, con Snow Leopard, anche perché di mezzo c’è stato un cambiamento non da poco: il passaggio da Power PC all’architettura Intel . Apple, di questi tempi, aveva già in cantiere una versione di Mac OS X in grado di girare su macchine x86, anche perché Darwin (il cuore di Mac OS X) era per sua natura multipiattaforma. In ogni caso l’anno successivo arrivò Jaguar , Mac OS X 10.2, la prima versione giudicata realmente utilizzabile dalla maggior parte degli utenti, anche perché nel frattempo il software riscritto per girare nativamente in Mac OS X cominciava a diventare numeroso.

La novità principale di Jaguar era la riscrittura dell’engine grafico: Quartz diventa Quartz Extreme ed è in grado di sfruttare l’accelerazione hardware delle schede grafiche più recenti anche per la gestione dell’interfaccia. Tra le altre novità di questa release possiamo ricordare Rendezvous (chiamato poi Bonjour per problemi di copyright), ovvero l’implementazione Apple del protocollo Zeroconf , iChat, la Rubrica Indirizzi, e migliorie varie nel sistema, tra cui Sherlock 3, il motore di ricerca plurivalente (cercava sia nel sistema locale, che sul web in relazione ai plugin installabili) che verrà successivamente rimpiazzato da Spotlight . Jaguar introduce anche il supporto a IPv6, il motore di stampa CUPS, e un client VPN.

Con un cadenza invidiabile, anche nell’ottobre del 2003 Apple introduce una major release di Mac OS X: è la volta di Panther , una versione che introduce un numero elevato di nuove funzioni , accompagnate da una discreta ottimizzazione, connubio che rende Mac OS X 10.3 la scelta ideale anche per le macchine più vecchie con processore G3 (a patto di avere una buona quantità di RAM). Panther è anche l’ultima versione di Mac OS X installabile sull’ iMac originale , macchina che idealmente ha segnato l’inizio della rinascita di Apple, ma grazie a qualche trucchetto della comunità open source si può abilitare anche l’installazione della release successiva.

Mac OS X 10.3 portava sui computer della Mela il supporto nativo a X11 , il cambio utente rapido, la videoconferenza su iChat, ed Exposé , un tool per accedere velocemente a tutte le finestre aperte nel sistema. La novità più grossa di Panther fu però Xcode , l’ambiente di sviluppo basato su GCC che insieme all’Interface Builder ha permesso di realizzare applicazioni sviluppate in C, C++, Objective C/C++, sia per Mac che (da qualche anno a questa parte) per iPhone e iPad. Con Mac OS X 10.4, meglio conosciuto come Tiger , i tempi di aggiornamento tra le varie release cominciano ad allungarsi: siamo infatti a fine aprile del 2005 quando il nuovo sistema viene messo in vendita, ma il ritardo è comprensibile se si pensa che Tiger sarà la prima versione di Mac OS X a girare sulla nuova generazione di Mac basati su architettura Intel (l’annuncio avvenne qualche mese più tardi , nel corso della WWDC del 2005, e i primi Macintel arrivarono a gennaio dell’anno successivo).

Una nuova versione di Xcode permette di compilare direttamente il software per entrambe le architetture, ma con i software più “pesanti” il passaggio non è così semplice: per consentire agli utenti di utilizzare il software PowerPC anche sulle macchine Intel, Apple sviluppa Rosetta , un emulatore software che tramite una ricompilazione dinamica del codice consente una compatibilità quasi totale di tutte le applicazioni PPC. La versione x86 di Tiger non fu mai disponibile alla vendita, in quanto chi comprava un Macintel aveva già il sistema in dotazione con la macchina. Al di là di questo, Tiger introdusse una serie non indifferente di novità che spaziano dal supporto alle applicazioni a 64 bit, alla codifica video H.264 , passando per Core Image , un sottosistema grafico in grado di sfruttare la scheda video per l’elaborazione in tempo reale degli effetti, alleggerendo il carico del processore principale.

Tiger è però ricordato per l’arrivo di Spotlight , il motore di ricerca per i contenuti su disco che sfruttando metadati e parole chiave e, appoggiandosi ad un database creato ad hoc a seguito dell’installazione del sistema, restituisce in tempo reale tutto quanto ricercato: documenti, calendari, contatti, mail, file multimediali, applicazioni. La sua velocità permette anche di implementare le cosiddette “Smart Folder”, ovvero delle cartelle intelligenti il cui contenuto viene aggiornato automaticamente in base ai criteri definiti dell’utente. Tra le novità che non hanno riscosso troppo successo c’è invece Dashboard , il layer semitrasparente del desktop pensato per far girare widget realizzati in HTML, CSS e Javascript: idea dal potenziale interessante ma a mio avviso poco utile, visto che è relegata ad un livello a sé stante e per certi versi “separato” dal resto del sistema.

Dopo un periodo di assestamento sulla nuova architettura, nell’ottobre del 2007 arriva Leopard , ed Apple comincia a tagliare i processori più vecchi: Mac OS X 10.5 è installabile solo su macchine con PowerPC G4 e G5 (oltre, ovviamente ai nuovi Mac con processore Intel), mentre viene tagliata la compatibilità con i G3, macchine la cui produzione era comunque terminata nel 2003. A segnare ulteriormente il cambio di architettura, con l’arrivo di Leopard Apple elimina l’ambiente Classic , con conseguente malcontento di chi utilizzava ancora vecchie applicazioni (molto vecchie).

Si tratta di uno degli aggiornamenti più corposi del sistema, quantomeno come funzionalità visibili all’utente: tra i più noti possiamo ricordare Cover Flow (per sfogliare i file), Quick Look (per visualizzare direttamente da sistema i documenti delle applicazioni più comuni), Spaces (i desktop virtuali), Time Machine (backup incrementale che permette di recuperare singoli file ai diversi stati di modifica, “simulando” un viaggio a ritroso nel tempo) e Boot Camp , ovvero una funzione che permette di creare una partizione dove installare Windows e farlo girare in modo nativo sui Mac con processore Intel (Boot Camp era disponibile in versione beta dal 2006, ma fu ufficialmente incluso in Mac OS X solo con l’arrivo di Leopard).

A livello più tecnico, Mac OS X 10.5 affianca a Core Image, Core Video e Core audio, il nuovo Core Animation , un framework per creare animazioni nelle interfacce (sfruttato dalla stessa Apple per Time Machine); ma soprattutto, Leopard è la prima versione di Mac OS X ad ottenere la certificazione allo standard UNIX 03 , con conformità alle specifiche SUSv3 e POSIX 1003.1.

Sempre nel 2007, da una costola di Mac OS X nasce iOS (ai tempi iPhone OS), il sistema operativo che equipaggia iPhone, iPod Touch, e iPad e che influenzerà alcuni elementi dell’interfaccia del futuro Mac OS X 10.7, Lion: ma questa è un’altra storia.

Nel mese di agosto del 2009 Apple rilascia Mac OS X 10.6, Snow Leopard , l’attuale versione del sistema operativo. Snow Leopard taglia completamente i ponti col passato in quanto è installabile solo su Mac con processore Intel, e questa semplificazione consente ad Apple di realizzare un sistema molto più leggero ed ottimizzato. Sotto una carrozzeria che sembra identica alla precedente, si nasconde un sistema più agile e tre novità di tutto rispetto: un kernel a 64 bit (anche se su molte macchine si avvia di default a 32 bit), Open CL (una tecnologia che permette di sfruttare la potenza di elaborazione delle GPU anche per compiti che esulano dalla grafica) e Grand Central Dispatch (una tecnologia che mira ad ottimizzare l’esecuzione del software sulle macchine multicore). Snow Leopard rende opzionale l’installazione di Rosetta, segno che ogni retaggio del vecchio codice PPC dev’essere abbandonato: Rosetta non sarà più presente nella prossima major release.

Volendo dare una sbirciatina al futuro dovremmo parlare di Lion , ovvero Mac OS X 10.7, presentato lo scorso ottobre in occasione del lancio dei nuovi Mac Book Air e previsto in uscita per questa estate. Senza scendere troppo nei dettagli, la versione beta distribuita agli sviluppatori un mese fa ha evidenziato ciò che già era stato annunciato, ovvero che l’interfaccia mutuerà molte delle caratteristiche di iOS.

Le novità però non si fermano qui: Mac OS X è un sistema molto dinamico che in 10 anni ha dimostrato di sapersi evolvere e trasformare, emulando vecchi sistemi, aggiungendo funzionalità, passando per un cambio di architettura, fornendo lo spunto per nuove tecnologie, facendo nascere nuovi sistemi (iOS), e prendendo il meglio di ciò che gli sta intorno. Certo, non è un sistema perfetto , e credo che ogni utente Mac abbia le sue lamentele e le sue richieste per le release successive, ma mi piace pensare che continuerà a migliorare finché Apple non deciderà che sarà tempo di una nuova svolta: allora, invece di Mac OS X, avremo un nuovo sistema, con una nuova concezione del desktop e probabilmente un nuovo nome.

Domenico Galimberti
blog puce72

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Pubblicato il
24 mar 2011
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